QUANDO POTENZA STAVA PER DIVENTARE LA VICE-CAPITALE DEL REGNO DI NAPOLI

Come ho già fatto cenno nell’articolo sul rapporto fra il grande romanziere francese, Alexandre Dumas (padre) e Potenza, nella gloriosa quanto tuttora semisconosciuta storia di Potenza ci sono state, soprattutto tra il 1799 ed il 1815, delle eminenti figure della storia francese che hanno avuto un peso determinante anche sulla storia della capitale della Basilicata, altrimenti detta Lucania. Oltre a Dumas, vi ho parlato già di Henry Gregoire, dell’ufficiale di campo Villeneuve, del generale Championnet e del generale Charles Antoine Manhes. Ovviamente, un peso immenso sulla storia e sulle fortune di Potenza, lo ebbero anche, oltre al grande vescovo Serrao ed ai patrioti repubblicani potentini, il re Giuseppe Bonaparte, re di Napoli dal 1806 al 1808, fratello maggiore di Napoleone, il quale, nonostante le suppliche, le proteste e le lusinghe dei materani, volle a tutti i costi trasferire il capoluogo regionale da Matera a Potenza, facendolo tornare nella Città delle Scale, dove, prima dell’accorpamento artificiale di Matera alla Provincia di Basilicata, avvenuto nel 1663, si era già fissato e per ben due volte, di cui l’ultima dal 1651 al 1657. A quei tempi non si parlava esplicitamente di capoluogo regionale, ma di Sede della Regia Udienza di Basilicata, il primo barlume di capoluogo regionale, che era stata istituita verso gli anni ’40 del 1600 e che aveva dato alla Basilicata la prima parvenza di territorio autonomo. In Basilicata operava per conto dell’esercito francese un altro grande generale francese. Il suo nome era (o è, alla luce del tempo del presente storico), Guillaume-Philibert Duhesme. Nato nella regione francese della Borgogna nel 1766 e morto nei pressi di Waterloo nel 1815, nella grande battaglia della Storia che è entrata addirittura nel linguaggio comune di ogni giorno anche in Italia (“è stata una Waterloo”, si sente dire spesso), Duhesme ebbe un curriculum militare densissimo di gloria ed onori. Un curriculum che non sto neanche ad esporre perché sarebbe veramente una impresa defatigante. Mi limiterò a parlare delle imprese del generale Duhesme nel Regno di Napoli. Ci arrivò in ben due occasioni. La prima fu la conquista del Regno nel 1799 a fianco del generale Championnet. In particolare, ebbe competenza per la Puglia e per la Basilicata. Lo stesso accadde nel 1806 con la riconquista francese del Regno al seguito delle truppe napoleoniche. Molto legato a Napoleone, Duhesme agì sotto il comando del fratello dell’Imperatore, Giuseppe Bonaparte, re di Napoli, come già si è detto poc’anzi. Anche nel 1806 la sua zona di diretta competenza fu l’area che racchiudeva la Puglia e la Basilicata, occupate nei primi di marzo del 1806. Durante il periodo che va dal 1° marzo 1806 ai primi di maggio dello stesso anno, Duhesme percorre la Basilicata da un capo all’altro ed ha modo di capire molte cose delle regioni sottoposte al suo comando militare. Agli inizi di maggio del 1806, egli raccoglie tutte le sue osservazioni in un documento che invia al re Giuseppe Bonaparte. E’ un documento di cui mai si è parlato e che mai è uscito dai confini delimitatissimi di una ristrettissima cerchia di studiosi del decennio francese. Uno di questi studiosi, Francesco Barra, docente all’Università di Salerno, ha raccolto relazioni e documenti all’interno di un libro dal titolo “Il Decennio Francese nel regno di Napoli (1806 – 1815)”, pubblicato a Salerno nel 2007. Uno dei capitoli del libro è dedicato, per l’appunto, alla creazione della nuova capitale della provincia di Basilicata, oggi possiamo dire, della regione Basilicata. Duhesme fu tra quelli che favorì la scelta francese di elevare Potenza al posto di Matera, ma non si limitò a questo. Ho fatto accenno ad un documento che fu scritto da Duhesme di sua propria mano. Vediamo di cosa si tratta. Il titolo del documento è: ”Reconaissance de la Province de la Basilicata”. Letteralmente Reconaissance vuol dire riconoscimento. Tuttavia gli darei più il significato di ‘ricognizione’, di ‘esplorazione’. Potenza è al centro di questa ricognizione. Il Documento comincia con un preambolo strategico-militare di grande importanza. Il generale scrive a Giuseppe Bonaparte che “il Regno di Napoli può essere paragonato ad un corpo languente con una testa enorme. La Capitale, sede del governo, dei Tribunali centrali, dell’amministrazione di tutte le province, dell’Arsenale, delle Poste, dei depositi di tutti i corpi militari del regno, centro del suo commercio, solo centro della sua Marina, base unica dei suoi vascelli da guerra, sembra aver assorbito le ricchezze, la popolazione, l’industria e le forze di tutte le altre città del Regno, che in proporzione non sono che dei villaggi. Il Regno di Napoli consiste di fatto nella Capitale. Colui che la occupa ha fatto la conquista del Paese intero e tuttavia essa non ha che delle deboli barriere per difenderla dalle invasioni da parte di terra, mentre è esposta all’attacco di  un modesto vascello da guerra”.

Come rimediare a questa precarietà storica strutturale del Regno e soprattutto della città capitale, Napoli? A questo punto Duhesme caccia fuori una proposta geopolitica e militare di ampia portata strategica.

“Gettando lo sguardo sulla carta geografica del regno di Napoli, non si scorge alcuna barriera naturale a protezione della Capitale ad eccezione della linea del Volturno, ma questa barriera, la cui forza dipende anche dalle stagioni, non copre Napoli che da un lato, mentre non si vede nulla che la ponga al riparo di un attacco e di uno sbarco dal mare. La natura ha posto invece i suoi forti e i suoi mezzi di difesa nella catena degli Appennini, che domina il regno per  tutta la sua lunghezza. La provincia di Basilicata offre precisamente una posizione centrale, dove ci si può ritirare da quasi tutti i punti del regno, e che sola li domina e li comanda e da dove li si può riconquistare più facilmente. (…) Vostra Maestà, nel gettare gli occhi su Potenza, ha fatto una scelta migliore perché essa è il vero centro che la natura ha dato agli Appennini dell’Italia meridionale, perché le montagne che la circondano sono le sorgenti dei fiumi che si versano nei tre mari circostanti. Per delle felici circostanze, Vostra Maestà, designando questo punto in quanto centrale sembra averne intuito la posizione vantaggiosa. Potenza, situata su di un pianoro elevato al centro di un vallone che forma le sorgenti del Basento, non è dominata da alcune delle alture montuose che la circondano perché esse sono fuori della portata del cannone. Questo pianoro, scarpato da tutte le parti, non offre alcun punto di attacco e le ondulazioni del suo circuito sembrano indicare la posizione dei bastioni della nuova fortezza. A sud vi è una seconda altura, separata dalla città da una piccola gola e tuttavia un po’ dominata da essa; sembra collocata appositamente per un’opera avanzata, altrettanto più vantaggiosa perché amplierebbe la piazza, offrirebbe un luogo prezioso per degli stabilimenti di guerra, difenderebbe perfettamente tutto il fianco orientale, incrociando il fuoco con i bastioni della estremità opposta. Gli ufficiali del Genio troveranno nella posizione della città un vasto campo per l’applicazione della loro arte perché Potenza è precisamente quello che si chiama un bel cavallo da sellare”. Con seconda altura il generale intendeva il poggio di Monte Reale, attualmente sede di uno dei parchi storici della città. Egli era estasiato dalle peculiarità e dalle possibilità che poteva dare Potenza. Ne loda il suo status di “città antichissima”, la sua aria, che definisce ‘salubrissima’ e ben diversa da quella di tutte le altre città del regno. I francesi, lo si capisce fra le righe, non soffrivano tanto d’estate l’aria del resto del Sud, troppo ardente. Ne loda l’acqua che, a differenza degli altri altipiani, a Potenza c’è e in grandissima quantità. Loda la sua natura ed il suo paesaggio, anch’esso ben diverso da quello del resto del Sud.

Guillaume Philibert Duhesme lo descrive così: “I rialzi costeggiati di vigne punteggiati di alberi fruttiferi di cui è circondata e le cime delle montagne vicine coperte di foreste verdeggianti rendono il suo sito gradevole e pittoresco: esso sarebbe delizioso, se la sicurezza pubblica permettesse ai proprietari di costruire ville o casini e di abbellirli, ma il timore dei ladri fa chiudere tutta la popolazione nella città, desertificando le campagne”. Dei ladri e dei briganti, aggiungerei  io, problema nel 1806 canceroso ed a cui pose rimedio cinque anni più tardi, nel 1811, il generale Charles Antoine Manhes, che, non a caso, elesse come suo quartiere generale proprio Potenza nella sua campagna volta a debellare il brigantaggio meridionale. Insomma, Duhesme ha in mente un progetto ben preciso da proporre al re Giuseppe Bonaparte; fare di Potenza la seconda capitale del vastissimo regno di Napoli, la vice-capitale, una città imprendibile militarmente dagli eventuali assedianti, una vera fortezza potente (come veniva considerata anche dai Romani che le misero come nome Potentia, la potente, la fortezza), una città militarmente strategica per una eventuale riconquista di tutto il regno, e, al tempo stesso, una città salubre, bella, tranquilla, baciata dalle acque, dal verde, una città che, grazie ai genieri ma anche agli architetti militari dell’Armée francese, avrebbe potuto essere abbellita con molte costruzioni e con molti comforts degni di una seconda capitale del Regno. Un abbellimento non fine a se stesso perché Duhesme propone a Bonaparte di trascorrere qualche mese all’anno nella ipotizzata Vice-capitale Potenza.

“All’interno di Potenza vi sono quattro conventi. Quello dei Cappuccini ed un altro sono abbandonati e poco vasti; il monastero delle Clarisse e quello dei Cordiglieri offrirebbero delle grandi risorse per degli stabilimenti pubblici e militari. I Cordiglieri nonostante il loro voto di  povertà sono ricchissimi: possiedono delle buone e belle proprietà nei dintorni. Sopprimendo questi buoni padri (ovviamente il generale non intendeva mica la soppressione fisica dei frati, ma il cambio di destinazione del loro convento n.n.), esse troverebbero un più utile impiego, soprattutto se il Re decidesse di fare qualche mese di residenza a Potenza”. C’è da far rilevare anche un altro interessante fatto. Quando Duhesme risale agli albori di Potenza segue il filo narrativo di Emmanuele Viggiano, che proprio da pochissimo, nello stesso 1806, aveva dato alle stampe il suo “Memorie della città di Potenza”; il colto generale francese non aveva mancato di leggerlo. Il progetto Duhesme prevedeva, oltre alla vice-capitale del Regno da insediare a Potenza, la superfortezza, diciamo così, un circuito di fortezze che si diramavano da Potenza e si estendevano finanche ad Irsina, allora chiamata Montepeloso. Un altro dato che il generale Duhesme tiene sempre ben presente e che costituisce la ciliegina sulla torta del suo progetto da sottoporre al fratello di Napoleone è dato dal fatto che tutti i paesi da trasformare, sulla scia di Potenza, in fortezze sono legati alla Francia. Soprattutto Potenza, la più legata di tutte, ma non solo Potenza e Duhesme cita anche il caso di Tito, Avigliano, Picerno fino, come appena detto, ad Irsina. Quindi, il pacchetto di motivi tali da giustificare oggettivamente la richiesta che Duhesme rivolse a Giuseppe Bonaparte era piuttosto corposo. Purtroppo, il decorso storico che il Decennio Francese ebbe concretamente non favorì questo progetto, a partire dal fatto che già nel 1808 sia Giuseppe Bonaparte che Duhesme vennero mandati altrove. Giuseppe Bonaparte venne incaricato dal fratello, l’Imperatore Bonaparte, a Madrid sul trono di Spagna. Nel 1808 anche Duhesme prese la via della Spagna dove si distinse nella battaglia per la presa di Barcellona. Il progetto della seconda capitale del Regno da insediare a Potenza svanì soprattutto con queste due nuove destinazioni, ma Potenza si consolò ottenendo, in ogni caso, lo status di capitale regionale.

PINO A. QUARTANA

Nella illustrazione; il generale francese, protagonista di tante battaglie napoleoniche, Guillaume-Philibert Duhesme.

 

 

 

 

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