LA POTENZA DELLA BELLA ARCHITETTURA D’EPOCA

Potenza, ormai dovrebbe essere un dato ben noto, è una città piccolo-media e per giunta del Sud, quel Sud che è stato quasi sempre escluso dalle grandi correnti storiche ed artistiche che hanno toccato il nostro Paese e che sono nate nel nostro Paese. Nonostante le carenze di sviluppo storico-artistico ben note e che risalgono all’età dei Comuni (dei Comuni del centro-nord), carenze che hanno fortemente penalizzato il Sud Italia e, naturalmente, anche Potenza, la nostra città (situata al centro del Sud Italia, ma in un Sud ancora più isolato ed emarginato dai grandi flussi della Storia politica e culturale), per un complesso di fattori che non sono tenuto ad indagare in questo articolo, mostra una concentrazione di architettura contemporanea e del 1900 con forte carica artistica che costituisce un fatto non comune finanche in Italia (sempre per le dimensioni della città) e un fatto raro per il Sud Italia, per non dire assolutamente unico in Basilicata. Ma trattare l’architettura d’arte del 1900 a Potenza non è però lo scopo di questo articolo. In questa sede voglio invece parlare di un altro aspetto che contraddistingue Potenza, che sicuramente la contraddistingue, anche in questo caso, nell’ambito della regione Basilicata; la bella architettura d’epoca. Per architettura d’epoca mi riferisco a quella architettura che prese piede in tutte le città italiane più importanti d’Italia (Roma, Napoli, Firenze, Torino, Milano ecc. ecc.) tra il 1880 ed il 1930, l’epoca della Bella Epoque, poi l’epoca del Liberty e dell’Art Deco, poi dell’Arte sotto il Fascismo, ma soprattutto a quello stile nazionale che in Italia è noto come ‘stile umbertino’ e che, esattamente come accadde al Liberty (il Liberty in Italia si chiamò appunto Liberty, in Francia ed in Inghilterra Art Nouveau, in Austria Secession Style, in Germania Jugendstil), fu la versione italiana di un fenomeno artistico ‘nazionale’ più ampio che assunse il nome di stile vittoriano in Inghilterra, di stile Secondo Impero in Francia e di stile guglielmino in Germania. Potenza fu tra le città coinvolte in questo rinnovamento stilistico nazionale e presenta un chiaro aspetto ‘umbertino’ in buona parte del suo semicentro, soprattutto il suo semicentro meridionale, lungo i quattro corsi che si dipartono da Piazza Vittorio Emanuele, più nota come Piazza XVIII Agosto; Corso Vaccaro, Corso Umberto I°, Corso XVIII Agosto (già Corso Vittorio Emanuele) e Corso Garibaldi, gli assi di sviluppo otto-novecenteschi. La Potenza ‘umbertina’ sfiora solo marginalmente il quartiere di Santa Maria ed il mezzo quartiere piacentiniano del Progetto Ophelia,  un vanto che Potenza divide solo con Bergamo (fatta esclusione, naturalmente, per chi conosce la storia di Marcello Piacentini, per Roma). In generale, l’architettura d’arte non si distingue necessariamente per la sua bellezza rispetto alla bella architettura d’epoca, ma soprattutto per il tasso di innovazione storico-stilistica, che è la cifra essenziale del tasso di artisticità, e questi due tassi sono assolutamente legati alle date di edificazione. Alcune opere hanno stigmate artistiche più marcate, altre più sfumate. Di arte, non di bellezza, per quanto ogni opera d’arte è generalmente anche bella. Ma sono due concetti autonomi e diversi, che si sono divaricati man mano che dal Rinascimento (nel 1400-1500 una opera d’arte era per definizione anche una opera bella) si è giunti alla fine del 1800 ed a tutta la architettura moderna e contemporanea, segnata dalle avanguardie novecentesche, elemento che, spesso, la rende ostica ed incomprensibile per la fruizione ed il gusto delle masse. Nelle correnti che si delineano a partire dal 1900 fino ad oggi quel che prevale nella valutazione artistica non è necessariamente la bellezza (che, comunque, spesso c’è), ma il contenuto innovativo che può prevalere anche sul criterio della bellezza in sé. Per fare un esempio; un palazzo bellissimo, ed a Potenza di palazzi d’epoca molto belli ed eleganti (di palazzi da grande città, diciamo così) ce ne sono diversi come fra poco vedremo, non è necessariamente un palazzo che possa rientrare nel tour della architettura d’arte sia perché ‘off limits’ rispetto alla sua stessa epoca artistica (non necessariamente però alla sua epoca storica, parlando molto in generale), sia anche perché non vanta un illustre architetto. Anzi, a volte non vanta neppure un architetto, ma solo degli ottimi ingegneri e questo è un altro motivo che non li fa rientrare nel tour della architettura d’arte, che a Potenza però esiste; ma si tratta di un altro circuito. Con una similitudine fra i due circuiti ed anche con qualche caso di confine che si pone in una zona grigia tra bellissima architettura d’epoca ed architettura d’arte (ci sono alcuni casi dubbi). Mentre proporrò a tempo debito un viaggio nella Potenza della architettura d’arte in sedici tappe, anche il viaggio nella bella architettura d’epoca si snoderà per sedici tappe. Piccola avvertenza finale; ho escluso i palazzi d’epoca del centro storico perché il centro storico costituirà l’oggetto di un terzo tour.

*****

Comincio il viaggio partendo da uno splendido palazzo che sta sospeso, come quasi tutti i palazzi di Potenza (città fatta a piani terrazzati, molto similmente a Genova), tra due vie, tra due corsi. E’ conteso da Corso Umberto I° e da Corso Vaccaro, ma è da Corso Vaccaro che si presenta in tutta la sua magnificenza. Si tratta del palazzo che a Potenza viene chiamato per convenzione il Palazzo del Provveditorato. Di questo palazzo ho preso in esame tre foto. La prima senza filtri da Corso Vaccaro, la seconda con un filtro oscurante ma sempre da Corso Vaccaro e la terza che è quella dell’ingresso del palazzo sito in Corso Umberto I°. Nella foto filtrata e scurita risaltano ancor di più i richiami dello stile umbertino al Rinascimento.

In questa foto infatti sono ancora più marcati ed affascinanti. Potrebbe essere un palazzo che non sfigurerebbe nemmeno nel centro di Firenze. Dal punto di vista stilistico, il circuito dell’eclettismo è quasi sinonimo del circuito caratterizzato dallo stile umbertino, La cifra stilistica dello stile umbertino (e lo vediamo anche dai bellissimi palazzi umbertini di Roma e di Torino, due città molto umbertine) è monumentale, uno stile neorinascimentale fiorentino corretto da un taglio austero e severo molto ‘piemunteis’.

Potenza per le sue dimensioni è anch’essa una città molto umbertina. L’architettura umbertina si distingue per un’interpretazione particolarmente conservatrice dell’eclettismo, tesa alla formulazione di uno stile “nazionale”, individuato in un neorinascimento accademico e convenzionale.

Ed infatti in questo bellissimo palazzo potentino si scorgono con una certa facilità gli elementi neorinascimentali. Da mettere in rilievo, anche se non si vede dalle foto, un bel giardino pensile in stile ottocentesco.

La seconda tappa del viaggio all’interno della Potenza dei bei palazzi d’epoca (anche se non dell’architettura moderna e contemporanea d’arte; quello, lo ripeto, è un circuito a parte) mi porta dal magnifico Palazzo del Provveditorato di Corso Vaccaro-Corso Umberto I° ad un edificio d’epoca, pure bello ed imponente, che si trova in Via Sicilia, nel quartiere di Santa Maria, anzi nella prima metà del quartiere, la parte non toccata da quello che fu il più grande e famoso architetto italiano per quasi mezzo secolo (Marcello Piacentini). E’ l’edificio della Regia Scuola di Arti e Mestieri, costruito tra il 1926 ed il 1929. Edificio anch’esso in stile eclettico con una pianta abbastanza originale.

Dopo il sontuoso Palazzo del Provveditorato e la Regia Scuola di Arti e Mestieri vi propongo una Caserma. Voi pensate che in Italia si trovino caserme così belle? Ho fatto delle ricerche, ma di caserme così non ne ho viste. E c’è una ragione. Questo edificio, molto lungo ed a tre piani, non è nato come caserma. Era un vecchio convento (il Convento dei Padri Reformati), che, sul finire del 1800, venne rifatto come Caserma perché Potenza aveva sempre più obblighi di città militare. L’edificio è tutto in pietra ed è stato sviluppato allo stesso modo degli edifici coevi; in stile eclettico-neorinascimentale. La caratteristica più preziosa della Caserma militare è che presenta non una, non dieci, ma ben cento alte bifore di stile neorinascimentale. Non ho ancora le prove per dire che si tratti della caserma più bella d’Italia, ma, ci metto le mani sul fuoco, che è senz’altro una delle più belle.

La quarta tappa del mio viaggio nella bellezza dei palazzi d’epoca potentini  mi porta dalla ‘Caserma delle cento bifore’ fino al lunghissimo Corso Garibaldi, dove, dinanzi ai portici del Genio Civile e ad uno spartitraffico alberato con lampioncini d’epoca, ci sono due bellissimi palazzi d’epoca (l’epoca sarà stata quella degli anni ’20 del 1900, ovviamente) Per distinguere questi due palazzi da altri palazzi d’epoca che si trovano tra Corso Marconi e Rampa Pascoli li indicherò come i ‘gemelli umbertini’.

Sono due palazzi uguali tra di loro, ma, in pratica, uguali anche a tanti palazzi di uno dei quartieri di Roma più belli: il quartiere Prati, che a Roma è indicato come il ‘quartiere umbertino’ per antonomasia. Il motivo per cui furono costruiti è esattamente uguale a quello per cui sorse il quartiere Prati a Roma, che si costituì ufficialmente il 20 agosto del 1921. C’era bisogno di accogliere degnamente con palazzi che dessero l’immagine di una città di alto rango gli impiegati ed i funzionari che affluivano (a Potenza in misura molto più limitata rispetto a Roma) da tutta Italia e soprattutto dalle strutture del regno sabaudo.

Molti di questi impiegati e funzionari si spostavano dal Nord, dove già prestavano servizio nell’apparato burocratico del Regno sabaudo di Sardegna. Negli anni ’20 del 1900 quei funzionari del Regno di Sardegna erano già morti ovviamente, ma l’esigenza anche a Potenza di ospitare degnamente personale burocratico proveniente da tutta Italia era ancora fortemente sentita.

Quindi, i ‘gemelli umbertini’ non è che poi siano così tardivi rispetto a tanti edifici del quartiere romano di Prati, come solitamente accade per la provincia più defilata. Rispetto al gioiello umbertino di Potenza, che è il Palazzo del Provveditorato di Corso Umberto I° – Corso Vaccaro, i ‘gemelli umbertini’ di Corso Garibaldi presentano ben poco di apporto stilistico fiorentino. Lo stile umbertino in alcuni illustri edifici di Roma si arricchì anche di elementi Liberty e neobarocchi. Poi, però, c’è uno stile umbertino più puro, più severo ed austero senza elementi neorinascimentali fiorentini, senza elementi neobarocchi e Liberty. E’ quello che definirei il cuore duro dello stile umbertino, che è esclusivamente piemontese e torinese. Austero, quasi militare. I ‘gemelli umbertini’ di Corso Garibaldi appartengono proprio a questo stile umbertino più severo e sobrio ed al quartiere Prati di Roma ce ne sono tanti di edifici e palazzi che assomigliano come una goccia d’acqua ai nostri  Vorrei far notare, pur nella estrema sobrietà di questa versione molto austera e sabauda dello stile umbertino, la ricchezza di elementi architettonici decorativi, per di più trattandosi di un semplice palazzo per abitazioni civili di impiegati statali. Insomma, la ricchezza di costruzioni e di stili riflette esattamente la ricchezza storica e il ruolo che un certo posto ha esercitato durante le varie fasi storiche. Quando dico che Potenza è il comune in Basilicata che ha più ricchezza e varietà di edifici, palazzi, ponti, siti archeologici, ecc. ecc. ma anche di stili dico una cosa facilmente verificabile perché Potenza è l’unico comune che ha avuto una rilevante e costante importanza rispetto al resto della regione in tutto il lungo arco della Storia. Faccio un esempio; ha avuto importanza quando non erano arrivati nemmeno i Romani ed infatti ha un sito archeologico antico-lucano. Ha avuto importanza rilevante rispetto al resto della regione in epoca romana ed infatti si trova un Ponte Romano, una Villa romana, una novantina di epigrafi latine, una cripta e non parliamo di quanto è andato perduto o giace sotto terra. E così via. Fino al periodo contemporaneo con il Ponte Musmeci.

Sono stato indeciso a lungo prima di inserire questa quinta tappa perché, nel mio programma, tutto ciò che ha a che fare con il quartiere di Santa Maria rientra nel circuito della architettura d’arte. Mica capita ad ogni città italiana di poter dire che quasi un intero suo quartiere cittadino reca la fortissima impronta di colui che per quasi mezzo secolo è stato il principe assoluto ed incontrastato della architettura italiana. Mi riferisco, è ovvio, nuovamente al grande Marcello Piacentini. Ma, alla fine, ho deciso di inserire questo monumentale palazzo in zona Santa Maria nel secondo circuito, quello della bellezza di Potenza attraverso i suoi palazzi d’epoca. Vi dico prima di tutto il perché ho deciso di passare questo palazzo da un circuito all’altro. Il palazzo del vecchio ospedale e della sede di quello che fu il Policlinico Gianturco risale alla fine degli anni Venti ed agli inizi degli anni Trenta. Siamo ben un ventennio oltre il progetto ‘Ophelia’ di Piacentini. Però, chi ha progettato l’edificio fu il braccio destro di Marcello Piacentini, l’ingegnere Giuseppe Quaroni, il padre dell’architetto Ludovico Quaroni, nonché ‘alter ego’ di Piacentini nel progetto Ophelia a Potenza e, subito dopo, alter ego, sempre di Piacentini, anche nella progettazione ed edificazione del Centro Piacentiniano a Bergamo Bassa, un complesso monumentale dalla sconvolgente bellezza, che può ben dirsi “uno dei luoghi più rappresentativi di una rinnovata cultura urbana che è andata affermandosi in Italia tra Ottocento e Novecento”. La facciata dell’edificio potentino è una fantasmagoria di timpani, di bugnati, di altri elementi decorativi a metà strada fra neoclassicismo e revival neorinascimentale. Quindi, questo palazzo non ha nulla a che fare col progetto Ophelia, ma ciò non vuol dire che non sia degno di ammirazione; tutt’altro.

Lo è, eccome se lo è, sia per il nome del suo progettista, sia per l’indiscutibile bellezza intrinseca. Visto che sono in argomento Quaroni, mi sia concesso un breve inciso. Credo che Ludovico Quaroni, sia stato un architetto molto sopravvalutato probabilmente perché fu uno degli apripista del neorealismo (se devo esprimere un mio giudizio personale devo dire dell’orrendo neorealismo) e quindi la politica di sinistra ha influito moltissimo sulla supervalutazione di questo architetto e delle realizzazioni neorealiste. Giuseppe Quaroni, invece, è stato molto sottovalutato, forse per le stesse ragioni politiche, ma per giudicare l’opera di Giuseppe Quaroni, oltre al progetto Ophelia di Potenza, c’è il Centro Piacentiniano di Bergamo, sempre insieme a Marcello Piacentini, dinanzi al quale l’architettura neorealista mi sembra, se devo essere brutale, poca cosa.

La sesta tappa del mio viaggio nella Potenza della bella architettura d’epoca prosegue in Corso Marconi, a pochissimi metri di distanza dai ‘gemelli umbertini’. Si tratta di una villetta in stile eclettico (ma dell’eclettismo di ritorno) con venature tardo Liberty. E’ un tardo eclettico di ispirazione neorinascimentale, la qual cosa si può facilmente evincere da quelle bifore, che sono un evidente stilema rinascimentale. Ne furono costruite diverse negli anni ’30 del 1900 in tutta Italia. Me ne vengono in mente due, in particolare; una vicino Pavia e l’altra a Livorno. Il periodo di costruzione dovrebbe essere abbastanza avanzato; gli stessi anni in cui fu costruito il Grattacielo fascista-razionalista di Ernesto Puppo (quest’ultimo inserito invece nella Potenza della architettura d’arte del 1900 e contemporanea, quindi nel circuito superiore). La raffinatezza dei dettagli non fa pensare ad una impresa di costruzione locale. Credo che l’impresa sia stata la stessa che eseguì, nella prima parte del lunghissimo Corso Garibaldi, l’opera di Ernesto Puppo; la Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna, una delle più grandi imprese di costruzioni italiane, tuttora in attività. L’anno, credo, oscilla tra il 1935 ed il 1937.

Noi potentini (almeno i potentini di certe generazioni) abbiamo frequentato la scuola elementare in un edificio scolastico di grande bellezza, cosa di cui mi resi conto solo molto tempo dopo la fine delle scuole elementari.
L’imponente Palazzo delle Scuole Elementari di Piazza XVIII Agosto 1860 fu ultimato fra il 1885 ed il 1888. Ha quasi sempre ospitato le più grandi scuole elementari della città. Nel periodo fascista era intitolato alla madre di Mussolini, Rosa Maltoni. Il maestoso edificio risente dello spirito dell’epoca, il tardo 1800 col suo tipico eclettismo (primo eclettismo). Al piano stradale si caratterizza per una serie di alte arcate in pietra a tutto sesto (oggi c’è l’entrata della stazione di Piazza XVIII Agosto della Prima, la principale linea delle scale mobili). Dal punto di vista stilistico siamo dinanzi ad un bel compromesso o, se preferite, ad una bella fusione tra eclettismo neoclassico ed eclettismo neorinascimentale. Belli anche la balaustra del balcone al secondo piano ed il sottostante arco principale dotati di una certa monumentalità.  Della serie; il privilegio di imparare le tabelline in un monumento del 1800.

E’ una lunga storia quella di un edificio dalle dimensioni enormi, tali da farlo sembrare quasi una piccola Reggia. Una storia che si trascina lungo l’arco di più di mezzo secolo, il tempo occorrente al grande e maestoso palazzo potentino affinché prendesse la forma che ancora oggi vediamo. Sto parlando del Palazzo degli Uffici Governativi o, semplicemente, del Palazzo degli Uffici, come originariamente veniva denominato. Era una fortissima esigenza avvertita già negli ultimi quarant’anni del 1800 quella di una sede dignitosa o prestigiosa in grado di accogliere e concentrare tanti uffici sparpagliati per tutta la città. Palazzo degli Uffici rimanda per assonanza al celeberrimo Palazzo degli Uffizi fiorentino. Ma oltre alla vaga assonanza, i due edifici non hanno nulla a che fare. Invece, un rapporto fra il Palazzo degli Uffici di Potenza ed un altro celeberrimo palazzo storico fiorentino stava per esserci davvero. La storia del mastodontico palazzo d’epoca comincia già nel 1850 con l’arrivo a Potenza dell’Ordine dei Gesuiti. Verso il 1852, i Gesuiti cominciarono ad avvertire l’esigenza di costruire un grande e prestigioso palazzo in città. A tale scopo chiamarono il valente e giovane architetto dell’Ordine, Giovan Battista Iazeolla, il quale decise di fare le cose davvero in grande. Il Palazzo dei Gesuiti avrebbe, secondo il suo progetto, dovuto ispirarsi molto da vicino al celeberrimo Palazzo Pitti di Firenze. L’architetto gesuita propose la creazione di un vasto corpo centrale con due ali laterali, precedute da un ampio giardino a pianta semicircolare. Il nostro storico Raffaele Riviello osservò che lo Iazeolla “prendendo in certa guisa a modello, per prospetto di mezzodì, il disegno del Palazzo Pitti a Firenze, pensò di costruire a scaglioni il nuovo fabbricato ed addossarlo all’alpestre collina, col desiderio di farne nel suo genere uno dei più belli e maestosi edifici d’Italia”. Come spesso è capitato nella storia di Potenza, le grandi ambizioni si son dovute ridimensionare per vari motivi. Generalmente, per scarsezza di risorse economiche, ma non fu questo il caso del Collegio dei Gesuiti. Lì si trattò d’altro. I Gesuiti vennero cacciati da Potenza con l’Unità d’Italia. Dell’esigenza di costruire un Palazzo degli Uffici si cominciò a parlare molto più tardi, pochissimi anni dopo l’inizio del 1900, e l’area designata fu la stessa dell’ex Collegio dei Gesuiti. Le grandi ambizioni di costruire un palazzo che riflettesse il nuovo ruolo e la nuova immagine della città furono preservate, almeno a parole. Un giornale potentino di inizio 1900 assicurava che il Palazzo degli Uffici non sarebbe stato secondo ai grandi palazzi di grandi città. La costruzione del maestoso palazzo, maestoso più per dimensioni che per qualità, aveva risvegliato nuovamente il grande senso di orgoglio della borghesia potentina del tempo e, di conseguenza, anche le grandi ambizioni che essa nutriva per la propria città, la quale, nei desideri della sua classe dirigente, sarebbe uscita dalle dimensioni di un piccolo capoluogo di una provincia interna del Sud tra le più povere e sarebbe entrata in una dimensione tale da farla competere con le più illustri e grandi città d’Italia. Le dimensioni quantitative del palazzo riflettevano il programma di ‘hope and glory’ vagheggiato per la città montana: “Potenza sia prima tra le prime città d’Italia e della Patria diventi una vera potenza”, scriveva il direttore di quel giornale. Il merito di aver dato un impulso ai lavori fu del prefetto Vincenzo Quaranta. L’edificio, costruito in stile neoclassico (forse, un neoclassico già tendente allo stile umbertino), fu realizzato materialmente dalla nota impresa di costruzioni romagnola Monti&Valenti. I lavori si conclusero nel 1913.

Le palazzine rosse in zona Piazza Crispi. Un pezzettino di Inghilterra nel composito caleidoscopio degli stili architettonici a Potenza, una città molto eclettica, dove si trovano tante cose diverse, ma questo spettro variegato non è solo il frutto di caos e confusione, come dicono i più, ma di una stratificazione, che è anche una stratificazione storica di una città con orecchi ed occhi sempre rivolti alla Storia, a ciò che il decorso storico produceva continuamente. Potenza, infatti, non è città o luogo timeless, senza tempo (una formula che pretenderebbe di essere ‘profonda’ e che invece spesso è solo il frutto di una mentalità pacchiana e paesana). Quindi, la stratificazione ricca ed eclettica è anche e soprattutto il frutto di uno svolgimento storico che a Potenza è stato molto ricco e costante. In modo particolare, il nostro pezzettino di Inghilterra con le palazzine red bricks, opera realizzatasi negli anni ’20 del 1900, è conseguenza anche di una idea storica, della storia degli stili e dell’urbanistica, che prese piede (anche) a Potenza già una quindicina di anni prima della costruzione di questo mini-quartiere di Piazza Crispi (ci lavorarono gli ingegneri Ricciuti, Simeoni e Reale, sì, quel Saverio Reale che stava simultaneamente e materialmente edificando lo Skinny Reale). L’idea, già maturata una quindicina di anni prima nel quartiere di Santa Maria per merito di Marcello Piacentini e di Giuseppe Quaroni e poi riproposta tra il 1920 ed il 1925 nella microzona di Piazza Crispi, era ed è un’idea inglese, per l’appunto; l’idea della Città Giardino, che fu diffusa per la prima volta nel 1898 da Ebenezer Howard. L’urbanista utopista inglese progettò la prima Città Giardino a Letchworth. Come nella cittadina inglese ed in altre del Regno Unito e di tutta Europa (ci furono tentativi anche italiani di Città Giardino, fra cui anche questi due potentini di Santa Maria e di Piazza Crispi), le cose non andarono esattamente nel senso desiderato. Per farmi capire avrei bisogno di parlare più dettagliatamente dell’idea di Città Giardino, ma lo farò un’altra volta. Per concludere con le nostre palazzine con i mattoni rossi in zona Piazza Crispi, c’è da aggiungere che la pioggia, dopo quasi un secolo, ha sbiadito parzialmente il bel rosso del mattone. Alcuni mattoni potrebbero essere sostituiti e magari anche dopo quasi un secolo sarebbe possibile sostituirli con il tipo specifico originario. L’aspetto esteriore rimanda esattamente alle città operaie e ferroviarie inglesi (Swindon, Manchester ed altre), ma in ogni caso, pur con i loro limiti, le palazzine potentine in red bricks sono suggestive. Tanto più in una città del Sud Italia.

La decima tappa di questo viaggio mi porta a Corso XVIII Agosto. Costruito probabilmente tra il 1880 ed il 1890, Palazzo Lavecchia ospita dal gennaio 1899 la sede storica della Camera di Commercio lucana, poi potentina e dal 2018 di nuovo lucana, dopo che la Camera di Commercio potentina ha assorbito la Camera di Commercio di Matera. Presenta una sobria ed elegante facciata neoclassica dove spicca un colore ocra romano molto bello o comunque, una sua ugualmente molto bella variazione. Fra i palazzi borghesi d’epoca potentini è uno dei più antichi.

Undicesima tappa. Via del Popolo Inizio semicentro. Un bellissimo ed elegante palazzo borghese d’epoca con finestre ad arco, con bugnati, con i caratteristici balconcini potentini in ferro e con le fioriere. Il colore è un fine terra di Siena naturale. Davanti al palazzo c’è un bel glicine che completa il clima ottocentesco.

Spostandosi da un’altra parte della città, troviamo una delle tantissime belle e sconosciute cose di questa nostra città. E’ una villetta che se ne sta quasi nascosta tra il verde nella Discesa San Giovanni. Lo stile è Stile gotico-liberty-neorinascimentale; eclettismo ad oltranza.

Molto lontano dalla Discesa San Giovanni mi imbatto nelle Case degli Impiegati, un complesso edilizio costruito nel 1929 e che si situa tra Corso Marconi e Rampa Pascoli

Sono circa quattro palazzi ma con elementi tali da poterci far dire che si tratta di un esempio veramente splendido di edilizia civile riservato alla piccola borghesia impiegatizia potentina, trattata quasi come una classe aristocratica.

Tra loggiati e porticati si dispiega una eleganza ed una bellezza che nessuno oggi penserebbe possano essere riservate ai Monsù Travet potentini del tempo e men che meno a quelli di oggi. Non si fa fatica a scorgere in questi edifici tracce di una ispirazione neorinascimentale e tardo-eclettica che ancora perdurava in quegli anni. Uno schiaffo in faccia agli architetti che hanno in anni più recenti deturpato le belle città italiane con Corviale e Torre Bella Monaca (a Roma) e con Scampia (a Napoli). Senza omettere il potentino Serpentone.

Vicinissimo al complesso delle Case degli Impiegati c’è un altro bellissimo edificio. Ma, al tempo stesso, è anche un edificio molto strano. Questo edificio è l’edificio sul quale non sono riuscito finora a sapere nulla, se non che è occupato da un istituto scolastico gestito da suore molto refrattarie a dare qualsiasi informazione. Si tratta senz’altro di un edificio in stile austero ma molto affascinante con tutta pietra viva, come è un po’ nella antica tradizione potentina (ma non solo). Non parlerò di stili in questo caso perché la stranezza di questo palazzo è che, a giudicare dalla data di costruzione, non dovrebbe neanche rientrare nella casistica degli edifici d’epoca. La cosa veramente strana è che il suo stile medioeval-rinascimentale molto austero, come in altri bei casi potentini, farebbe pensare a qualcosa di molto più antico ed invece si tratta di un edificio coevo a molti tipici edifici moderni o International style; è stato costruito solo nel 1952 o 1955. Se lo vogliamo considerare un edificio d’epoca, allora bisogna dire che è senz’altro il più giovane degli edifici d’epoca, nonostante il suo solenne, maestoso aspetto di ben altri e remoti tempi. Una cosa però è certa e cioè che il Collegio delle Monache, così come l’ho sempre chiamato, è un gran bell’edificio. Bellissimo. Tra l’altro, è un edificio di periferia, mentre, in tutte le altre città, simili edifici si trovano sempre nel centro storico. Ovviamente, il suo prospetto architettonico così old time lo rende più credibile come palazzo d’epoca, nonostante la data abbastanza moderna.

Un altro bel palazzo della Potenza ‘umbertina’ è quel palazzo sulla destra di Corso Umberto I° scendendo da Portasalza. Ma sono ugualmente belli anche i palazzi sull’altro lato di questo corso, che, guarda caso, è Corso Umberto I°. Più umbertino di così?

Ed eccomi arrivato all’ultima tappa di questo mio viaggio nella bella architettura d’epoca a Potenza. Questo è un intrigante edificio che è stata la sede dell’Ospizio ‘Raffaele Acerenza’, dal nome del filantropo che volle a tutti i costi donare agli anziani poveri della città una struttura di accoglienza. Ma questa è una storia che vi racconterò un’altra volta per non uscire dal seminato. L’edificio si trova poco al di sopra del cosiddetto ‘quartiere cinese’, molto ben riqualificato negli anni scorsi, ma anche di questo argomento parlerò un’altra volta. Gli interni sono molto belli.

PINO A. QUARTANA

Nel collage di copertina;

In alto a sinistra; il  Palazzo degli Uffici

In alto a destra; il Palazzo del Provveditorato

In basso a sinistra; il Palazzo dell’ex Policlinico Gianturco

In basso a destra; una veduta del complesso delle Case degli Impiegati

Lascia un commento