In questi ultimi giorni c’è stato un forte ritorno di interesse intorno al tema della destinazione della Chiesa della S.S. Trinità dopo che il Vescovo attuale ha manifestato l’intenzione di riaprirla al culto. Stiamo parlando, ma lo sanno tutti a Potenza, della Chiesa dove è stato ritrovato il cadavere della povera Elisa Claps. Molto probabilmente, il cadavere stava lì da ben diciassette anni. Ma non è mia intenzione ripercorrere le fasi infinite di questo terribile caso di cronaca nera. Se ne è parlato per anni ed anni anche nei canali delle televisioni nazionali. Il caso Claps è diventato una specie di versione italiana di ‘Assassinio nella Cattedrale’ dal nome del notissimo dramma teatrale di Eliot. Ci sono tre opinioni in città in questo momento sulla destinazione della chiesa e sono tre opinioni in forte collisione l’una con l’altra. Le riassumo in breve; 1) Tenere chiusa la Chiesa per sempre e, quindi, non riaprirla mai più al culto; 2) Riaprire la Chiesa al culto; 3) Abbattere e demolire la Chiesa. Dal canto loro, i familiari della ragazza assassinata ribadiscono la loro netta ostilità alla riapertura, ma vedrebbero di buon occhio la riapertura della chiesa solo dopo una sconsacrazione ed una destinazione a ‘Centro contro le violenze sulle donne’. La mia opinione sulla destinazione della Chiesa della Trinità non segue nessuna delle tre correnti finora emerse (o, forse, quattro, se consideriamo come quarta corrente la riapertura solo come Centro antiviolenze sulle donne). Inutile, a questo punto dire che Il problema è maledettamente difficile da risolvere, almeno nel senso di una soluzione che possa essere ritenuta accettabile da tutta la città. Il tema è fortemente divisivo e, allo stato attuale, non vedo possibilità alcuna di conciliazione. A parte i troppo estremisti fautori della soluzione 3, che però sono pochi numericamente, i sostenitori della tesi 1 mi sembra a prima vista superino addirittura il 50% (da quello che ho letto su tante pagine dei social network): però, lo ripeto, io non sono d’accordo nemmeno con loro.
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Credo che si tratti di una situazione molto delicata e di difficilissima soluzione nel senso, come dicevo, di una soluzione che possa incontrare il favore di tutti e che possa ricomporre la divisione che questo tema ha chiaramente aperto in città. Credo che occorra tenere conto anche del buonsenso, dei fattori religiosi, e, non ultimi, di quelli extra-religiosi. Non si può far finta di nulla, né si può far finta delle gravissime responsabilità della Chiesa a tutti i livelli. Allora, che fare per tenere insieme tutto? Vediamo la soluzione 3; demolire la Chiesa. La trovo inaccettabile perché la Chiesa non è soltanto un simbolo religioso, ma è anche un bene artistico e monumentale, che, in quanto tale, appartiene alla memoria della città, alla sua dotazione culturale e che è sottoposta anche ai vincoli delle leggi italiane per la tutela dei beni culturali ed alla cura delle autorità competenti per questi scopi (leggasi Sovrintendenze). La tesi 2 del riaprire la S.S. Trinità al culto mi sembra francamente marziana. E’ la tesi di chi non vuol capire non solo cosa è accaduto in quella chiesa, ma cosa quel che è accaduto ha significato profondamente per la città (forse, neanche solo per la città). Far finta di niente non solo non è possibile, e, d’altronde, almeno mezza Potenza non vuol sentirne giustamente parlare, ma costituirebbe, a modo suo, un sacrilegio. Senza dire che, diritto canonico o non diritto canonico, quale credente degno di tal nome potrebbe veramente pensare di andare a svolgere funzioni religiose nella chiesa in cui, con molta probabilità, è stata trucidata una persona, per giunta, una ragazza innocente? Non se ne parla proprio. Resterebbe la tesi 1. Teniamola chiusa per sempre. Per fare cosa? Per vedere, prima o poi i topi, proliferare? E poi; quale ricordo della povera Elisa potrebbe giovarsi di questa chiusura? Fra qualche tempo si perderà finanche la memoria del perché la chiesa è chiusa: si tratta di una rimozione psichica di eguale natura ma di segno opposto a quella dei fautori della tesi 2. Senza dire, inoltre, che nella Chiesa si è sedimentata nei secoli una ‘pietas’ popolare che non deve andare smarrita e distrutta. Anche la versione 4, quella del Centro Antiviolenza, mi sembra stonata. Rispettabile sì, molto rispettabile, ma stonata per quel che riguarda la location. Sono cose che si possono fare dappertutto, anche in estrema periferia. Non bisogna mai dimenticare che quella è una chiesa storica di Potenza, una chiesa antichissima (anche se appare molto più recente e moderna di quel che è), non bisogna dimenticare i già ricordati vincoli delle leggi dello Stato italiano, ma nemmeno il diritto canonico, che impedisce il fatto che anche di una chiesa sconsacrata si possa fare qualsiasi cosa. Si possono fare altre cose, ma c’è anche un certo criterio di compatibilità. Allora, visto il complicato e apparentemente inestricabile puzzle, cosa rimane da fare? La mia proposta è che la chiesa venga sconsacrata e mai più riaperta al culto in segno di ricordo perenne della vita offesa, ma, al tempo stesso, che non venga chiusa e fatta decadere anche nelle sue strutture materiali perché, così facendo, si perderà, prima o poi, anche una massa enorme di memorie e di ricordi, compreso il ricordo di questa offesa alla vita e di questa offesa a tante altre cose fondamentali per i nostri valori. Di questa offesa alla nostra città ed al suo patrimonio di civiltà. Aprire la Chiesa, ma non più al culto, facendone un Museo di arte sacra (cioè di qualcosa che come solennità e profondità si avvicina ancora alla vecchia funzione religiosa, senza esserlo più), mi sembra una soluzione in grado di tenere insieme tutte le opposte esigenze e di ricucire la frattura che si è aperta dentro la nostra città. Frattura di cui non abbiamo alcun bisogno. D’altronde, far rinascere la Chiesa in Museo d’arte Sacra è esattamente ciò che è stato fatto in molti altri posti in Italia e fuori d’Italia. Molti luoghi di culto, che, per vari motivi, sono stati riconvertiti in altre destinazioni sono rinati proprio come Musei d’arte sacra. La Toscana e l’Umbria sono pieni di questi esempi. Ne cito uno per tutti; la ex Chiesa di Sant’Agostino a Volterra, che è appena rinata come Museo d’Arte Sacra. Il Vaticano e la Chiesa si sentano parte in causa e sentano come un dovere di riparazione facilitare questa via di uscita molto onorevole per tutti ed anche molto proficua per la città, che potrebbe contare su un altro museo. Si sentano coinvolte Chiesa Cattolica e Vaticano, per quanto possibile e per quanto riguarda le loro responsabilità, non dimenticando che per l’omicidio c’è già un colpevole e che il colpevole non è uomo di Chiesa. Nonostante ciò, la Chiesa ha gravissime colpe. La Chiesa ed il Vaticano con i loro fondi economici, con il loro immenso patrimonio di pittura d’arte sacra, di cui abbondano, potrebbero trasferire permanentemente a Potenza, sotto diverse forme giuridiche, alcune opere d’arte di loro proprietà, almeno nella quantità sufficiente a costituire il museo d’arte sacra: opere che siano, inoltre, simbolicamente significative anche dell’orrore commesso tra quelle mura. Una volta che la funzione religiosa è ritenuta ormai inopportuna, solo la forza sublimante e catartica dell’Arte può far fronte alla morte, affacciandosi al suo tremendo mistero, onorando la memoria di Elisa e perpetuandone il ricordo in modo che esso costituisca un messaggio universale, non rivolto, quindi, solo ai potentini. La Chiesa della Trinità diventi allora un Museo d’arte sacra dedicato ed intestato ad Elisa Claps. Sotto molti aspetti non c’è soluzione più opportuna, più alta e più degna di questa per ridare vita a quelle mura e per ricordare ed onorare la memoria di Elisa.
PINO A. QUARTANA
(Nella foto – Chiesa della Trinità – Potenza)