CARI SIGNORI, AI POTENTINI QUESTO PATTO NON STA BENE

 

La convulsa estate appena trascorsa ha fatto ripiombare la Basilicata nelle divisioni dei suoi momenti peggiori col solito motivo di sfondo della guerra politica, culturale e dialettica tra le sue due città. Guerra, a volte, a bassa intensità, a volte, ad alta intensità, intervallata da periodi più o meno lunghi di tregua e di rapporti apparentemente normali e pacati. Il Capodanno Rai, distribuito su tutto il territorio regionale con prima tappa Potenza nel prossimo 31 dicembre, ha riaperto le ferite campanilistiche e scatenato feroci polemiche fra Potenza e Matera, ma, a dire il vero, più nella direzione Matera vs. Potenza. Tra i tanti motivi polemici rivolti da parte materana a Potenza ed ai potentini non ho mancato di rilevarne uno che mi sembra di particolare interesse. Si tratta, nello specifico, dell’invito rivolto a Potenza di seguire le sue vocazioni e di non inseguire Matera sul suo terreno, di lasciar perdere l’inseguimento alle vocazioni di Matera. Politici, giornalisti, operatori economici e del turismo, semplici cittadini, prevalentemente materani, hanno insistito su questo invito di cui, lo confesso, non ho capito bene il senso concreto e che mi sembra uno di quei tanti slogan astratti nonché collegati a ben noti ed ammuffiti luoghi comuni, i quali, diciamolo francamente, lasciano ormai il tempo che trovano. Immagino che si sia voluto dire che Matera è la sede della cultura, dell’arte e del turismo, sede esclusiva of course, e che Potenza non deve farsi venire nemmeno l’idea di voler esprimere cultura, arte e turismo. Non deve darsi da fare, non deve pensare a tutelare la sua immagine ed i suoi legittimi interessi, non deve proporsi al meglio. Non deve far niente, se non stare buona e subire o fare la spettatrice. Non so se interpreto bene questi inviti seccati, ma non vedo altre interpretazioni possibili, pronto ovviamente a ricredermi nel caso qualcuno voglia premurarsi di chiarire meglio il suo pensiero a tale riguardo. Va detto anche, però, che sarebbe un pensiero ingenuo attribuire questa rigida spartizione, questa  Yalta ‘de noantri’, solo ai materani o a molti di essi. La cosa ancor più strana è che questa spartizione è stata fatta propria ed accettata anche dal Consiglio Comunale di Potenza nella precedente fase di forte incrinamento dei rapporti fra le due città della Basilicata, fase che risale all’ottobre del 2012. In quel momento, quattro anni fa, era in auge un altro problema che aveva creato ancora una volta una forte tensione polemica fra Potenza e Matera. Il governo Monti aveva deciso di tagliare alcune province e in Basilicata stava per saltare la provincia di Matera. Il Consiglio Regionale sostenne,  attraverso un documento votato in Consiglio, la necessità di lasciare intatte le due province, salvo che il Comune di Potenza non avesse ritenuto sua sponte, diciamo così, di cedere il titolo di capoluogo della Provincia unica di Basilicata a Matera. Così non fu. Il Consiglio Comunale di Potenza in un ordine del giorno votato all’unanimità il giorno 22 ottobre 2012 disse di no, che non avrebbe ceduto volontariamente il titolo di capoluogo di Provincia a favore di Matera e da lì ne nacque un altro putiferio con minacce esplicite di molti ambienti materani di dar vita ad un referendum per lasciare la Basilicata ed aggregarsi alla Puglia. Come i lettori possono constatare, si tratta delle stesse cose che si sono udite anche nella turbolenta estate appena trascorsa. Le minacce di andarsene dalla Basilicata. Le accuse a Potenza di rubare a Matera anche i seggioloni dei neonati. Le intimazioni un po’ perentorie a seguire la propria vocazione, non mettendosi sulla stessa strada di Matera. Vediamo meglio quest’ultimo aspetto e torniamo al 2012. Leggendo bene tra le righe del l’ordine del giorno di quella seduta del Consiglio Comunale di Potenza, rileggendo il resoconto di quel dibattito e le prese di posizione di alcuni consiglieri della passata consiliatura comunale, si apprende curiosamente che l’invito di parte materana rivolto a Potenza a seguire le sue specifiche vocazioni era stato già teorizzato, anzi accettato, nel documento conclusivo del Consiglio Comunale di Potenza del 22 ottobre 2012. Lì si parlava di Potenza come città dei servizi e della politica e di Matera come città della cultura e del turismo (il che entro certi limiti è anche vero), si diceva che Potenza riconosce “un grande ruolo a Matera” (ed anche questo è vero), si diceva che “cultura e turismo sono sue peculiarità” cioè sempre di Matera (e qui comincio ad avere le prime perplessità di merito) ed infine il testo del documento finale del Consiglio Comunale di Potenza recitava: ”Ribadisce la stima e l’amicizia nei riguardi della intera Comunità Materana che si considera fondamentale per la crescita del territorio regionale e luogo principe della funzione culturale, artistica e turistica della Regione, da doversi ancor più rafforzare anche sostenendo le principali esigenze infrastrutturali del territorio”. Per rafforzare il ruolo culturale di Matera 2019 il Comune di Potenza si è dato da fare, bisogna sottolinearlo. Infatti, il Comune di Potenza entrò, di lì a poco, anche nel Consiglio di Amministrazione della Fondazione Matera 2019 (a proposito, Sindaco De Luca ed assessori; col nuovo Statuto della Fondazione il Comune di Potenza non risulta essere più tra i soci fondatori. Potete dire ai vostri amministrati cosa è successo nel frattempo?). Attenzione ai due momenti; 2016 e 2012. Il documento del 2012 dà l’idea che l’invito materano del 2016  sia superato, inutile, ma solo perché è stato già fatto proprio in modo ufficiale dall’assemblea elettiva potentina nel 2012 e, mettendo in correlazione i discorsi di questa estate con quelli dell’autunno di quattro anni fa, le perplessità cominciano a diventare sospetti. Non c’è, per caso, un patto segreto a livello politico, a livello politico regionale, nel partito di potere (il PD), in base al quale sono stati già assegnati da tempo  ruoli ed ambiti di influenza? Un patto che ha stabilito sulla testa dei cittadini potentini che Matera deve avere un ruolo in esclusiva per la parte culturale e turistica, mentre Potenza deve essere soltanto il luogo dei servizi della P.A. e della politica senza proporsi in altre vesti? Un patto che ha stabilito che Matera deve avere in esclusiva, in regime intoccabile di monopolio regionale,il ruolo di città degli artisti e degli ‘abitanti culturali’, dei colti, mentre Potenza deve essere la città dei Fantozzi e dei Fracchia cioè di abitanti incolti anche se ‘onorati’ dell’esser dediti esclusivamente al soddisfacimento delle esigenze dei novelli feudatari della pubblica amministrazione e della politichetta regionale? Un patto che ha stabilito che Matera debba essere scintillante e glamour (anche a botte di milioni di euro della Regione Basilicata), mentre Potenza, invece, deve espiare la ‘colpa’ del suo primato politico-amministrativo accettando di vestire volontariamente (oppure no) i panni di una Cenerentola culturalmente relegata in un angolo buio e senza aver nulla da ridire? Un patto che ha stabilito, anche in base al ben noto cliché neorealista che a Matera gode di grande considerazione, che Matera debba essere la città dei “poveri ma belli” (poveri neanche più tanto visti i milioni della Regione Basilicata stanziati per Matera 2019), mentre Potenza la città del potere regionale sì (che, poi, non è neanche vero), ma anche, forse per farsi perdonare il primato politico-amministrativo, dei “brutti, sporchi e cattivi”? Allora, è questo, forse, il senso concreto dell’invito? Occupandomi sempre più dettagliatamente delle vicende potentine e, di riflesso, anche regionali e materane, a me sembra che l’esistenza di questo patto scellerato non sia frutto di un sospetto, ma sia già realtà in atto e non da qualche mese. Se per il potere politico, o per una vasta porzione del ceto politico cittadino e regionale, le cose stanno già in questi termini, mi sento in dovere di rivolgere a costoro un messaggio non solo da parte mia e di questa rivista, ma anche da parte di una sempre più vasta ed autoconsapevole fascia di potentini che, di giorno in giorno, sta dimostrando sempre più, con l’attivismo e con la creatività, il suo  attaccamento alla città di Potenza. Il messaggio è il seguente; se avete, in qualche salone o in qualche saletta riservata degli uffici regionali, stipulato questo patto potete già gettare la carta sulla quale è stato scritto nel wc.  Non vale più niente ora. I potentini non ci stanno e sempre più non ci staranno. Nessuno, neanche il Consiglio Comunale di Potenza, può imporre ai suoi cittadini di rinunciare a proporsi anche come città interessante dal punto di vista culturale, artistico, turistico e quant’altro. La società civile di Potenza ha intrapreso negli ultimi mesi una nuova strada, che sta dando già diversi ed inaspettati risultati, diverse soddisfazioni alcune delle quali sono di tipo del tutto nuovo. Negli ultimi mesi,  un fitto e crescente pullulare di iniziative culturali, associative, artistiche stanno contrassegnando un, imprevedibile, fino al gennaio di questo stesso anno, risveglio culturale. Senza dire del turismo, che nella scorsa estate ha toccato in città punte mai viste in precedenza. Potenza risponde con questo crescendo, con tutti questi ricchi fermenti a quel patto di cui ho finora parlato. Si tratta di novità assolute per Potenza, una città che era stata finora rinchiusa in un recinto claustrofobico; una condizione castrante ed autocastrante che faceva ed ha fatto comodo a più di qualcuno. Quindi, i politici, o politicanti o amministratori, potentini e non, comunali o regionali, che hanno stipulato questa Yalta circa i ruoli e l’immagine di Potenza e di Matera sappiano che, per quanto riguarda i potentini, questo patto non vale più nulla. Se un patto con Matera è necessario per tenere insieme questa regione, o per far finta che stia insieme  (ammesso che non sia ormai troppo tardi ed ammesso che ciò abbia ancora un senso) non è più su queste basi che può essere stipulato ed osservato.

 

PINO A. QUARTANA

 

(Nella foto –

Il cavallo di bronzo (prometopidion) all’entrata di Palazzo Loffredo – Potenza)

 

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