POTENZA VITTIMA DEI PARAGONI ‘AD CAPOCCHIAM’

Ho parlato in un precedente articolo dal titolo ironico (Non c’è niente … solo cemento del 19 giugno scorso) della confusione che regna nelle teste delle masse quando si affrontano i temi relativi alla estetica delle città. Ho messo in evidenza i paradossi di certi discorsi e di certe situazioni come, per esempio, quella di Milano, una città che fa milioni e milioni di presenze turistiche e che, nonostante ciò, passa per essere una città non dotata di alcun appeal turistico. Milano, una città che ha tanti monumenti importanti, ma che passa per essere una città anonima e brutta. In quell’articolo c’era un continuo rimando di sottintesi alle situazioni di Potenza e di Matera, con Potenza che soffre, fatte le debite proporzioni di abitanti, degli stessi luoghi comuni infondati di cui soffre Milano. Credo di aver demolito quel luogo comune. Almeno lo spero. Però, l’opera di demolizione è ancora lunga. Esamino oggi un altro dei luoghi comuni di cui soffre a sproposito, ingiustamente, la città di Potenza. Quando si paragona Potenza ad altre città, vicinissime o lontane, a Potenza, anzi, solo a Potenza viene riservato sempre un trattamento asimmetrico di cui non capisco proprio le ragioni. Mi spiego meglio. Se si dice in Italia che una città è bella o brutta, che ha fascino o no, cosa si valuta di quella città per esprimere un, seppur frettoloso e sommario, giudizio estetico? Il centro, sicuramente. Dieci volte su dieci si tiene a mente il centro storico. Quindi, se uno visita Roma va al centro di Roma, ammira la Fontana di Trevi, il Colosseo, il Pantheon, Trinità dei Monti e così via. Tutte le città italiane vengono giudicate soprattutto, per non dire esclusivamente, dal loro centro storico. Per Potenza invece, chissà perché?, chissà chi lo ha segretamente stabilito?, tutto ciò stranamente ed improvvisamente non vale più. Potenza viene giudicata dalla parte moderna che si intravede dalla Basentana, dalla cosiddetta ‘fungaia di alti caseggiati moderni’ (Guido Piovene). A Potenza, e a me sembra proprio che solo a Potenza, si richiedono cose che non vengono chieste a nessun’altra città italiana. Immaginate di andare a Roma e di trovare sul posto una guida, che, invece di portarvi al centro a farvi vedere Piazza Venezia o il Colosseo, vi portasse solo al Casilino, a Torpignattara, al Tiburtino terzo, al Prenestino, a Spinaceto, al Tuscolano, a Centocelle e via girando per tutti i quartieri dell’orrenda periferia romana fino alle borgate di San Basilio o della Borghesiana. Alla fine del tour voi prendereste da parte la vostra guida e gli chiedereste allibiti: “Ma tu ci hai fatto girare Roma oppure cosa?”. E la guida risponderebbe dicendo la verità: “Ma certo che vi ho fatto visitare Roma”. Risponderebbe dicendo senz’altro la verità, ma non tutta la verità. Il trucchetto è tutto qui. Se si adottasse lo stesso criterio per tutte le città italiane, dovrebbero finirla di definire l’Italia come il Belpaese. Sarebbe il crollo del mito della bellezza italiana. Le bruttezze moderne a Potenza ci sono senz’altro, così come ci sono in tutte le città, ma, poi, a ben vedere, sono molte di meno di quello che la propaganda basilisca o il pregiudizio antipotentino cercano ossessivamente di far credere. Questo è un ulteriore aspetto della questione e  ‘Potentia Review’  lo affronterà separatamente in una prossima occasione. Torniamo al focus del pregiudizio e della evidente e scandalosa disparità di giudizio, dei paragoni ‘ad capocchiam’ di cui è vittima Potenza. Della periferia romana, sterminata e angosciante, non ritengo nemmeno sia il caso di parlare ulteriormente. Il giudizio sulle periferie romane è abbastanza condiviso. Eppure, perché si dice che Roma è la città più bella del mondo, quando il centro è ben poca cosa come estensione di territorio rispetto a tutto l’insieme delle periferie? Perché, soprattutto in Italia, ciò che fa testo sono i centri storici, non i quartieri costruiti con le leggi agevolative dell’edilizia popolare. Del resto, siccome credo di conoscere benissimo o perfettamente la periferia potentina e, anche se meno bene, abbastanza anche la periferia romana, posso dire in tutta tranquillità ai lettori di ‘Potentia Review’ che anche il più brutto quartiere moderno di Potenza, ammesso poi che ne esistano veramente di così brutti, di manifestamente brutti, è bellezza pura nei confronti di tantissimi quartieri di periferia di Roma. Ma chi appena appena capisce qualcosa di questi argomenti lo sa benissimo. Lo sanno anche i ‘romani de Roma’. Anche loro sanno quanto è brutta l’enorme periferia romana, tranne pochissime eccezioni. L’Eur, ad esempio, anche se io personalmente all’Eur di turisti non ne ho mai visti. Nel caso di Potenza, gli schemi consueti, invece, improvvisamente non valgono più. Quando si parla di Potenza non si pensa al suo bellissimo centro storico (definizione di Giorgio Armani, ma non è un giudizio solo di Armani, bensì di tanta altra gente), ma solo alle sue periferie, ai suoi ‘alti caseggiati moderni’. E perché solo per Potenza le regole generali non valgono più? Mistero. Addirittura, qualche tempo fa, nei miei notturni tour ‘virtuali’ sul web, mi sono imbattuto in un video che parlava di Potenza e che mostrava il ‘Serpentone’ identificandolo sic et simpliciter con Potenza, con l’intera città. Detto per inciso, un ‘Serpentone’ esiste in tutte le città. A Roma si chiama Corviale. A Napoli le Vele di Scampia. A Palermo lo Zen e così via. Come dire? Se Potenza si dovesse identificare veramente col ‘Serpentone’, allora, per riprendere il discorso di poco fa, Roma non si dovrebbe  identificare più con il suo splendido centro e neanche con le sue periferie, ma solo con i palazzi di Tor Bella Monaca e del Corviale. Roba da pazzi! A quel punto mi è venuta proprio la irresistibile curiosità di capire chi poteva essere l’autore di quel video. Non mi ci è voluto tanto tempo per capirlo ed in questo caso si tratta davvero di qualcuno che avrebbe molto bisogno di cure, forse, di un trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Vi lascio, purtroppo, indovinare qual è la città di quel poveretto. E’ un indovinello facilissimo.

PINO A. QUARTANA

 

(Nella foto; una delle due piccole gallerie del Teatro ‘Stabile’)

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