LA POTENZA DI GIOVANNINO GUARESCHI

 

Giovannino Guareschi (1908-1968) è stato uno scrittore, giornalista, umorista e caricaturista. È uno degli scrittori italiani più venduti nel mondo: oltre 20 milioni di copie nonché lo scrittore italiano più tradotto in assoluto. Il suo nome è legato a quattro-cinque città italiane e fra queste c’è anche Potenza. Un’altra presenza che avvalora il sospetto intrigante che da Potenza sono passati, se non proprio tutti, certamente in tanti. E a dire il vero, il grande Guareschi da Potenza non c’è passato soltanto, ma vi è rimasto quasi due anni, dal 1934 al 1936. L’8 novembre del 1934 il giovane Guareschi partiva per il servizio militare, destinato al Corpo d’Armata di Potenza per il corso ufficiali di complemento d’artiglieria. La partenza non sarà priva di conseguenze: al Corriere Emiliano, dove lavorava, approfitteranno dell’allontanamento per licenziarlo. E il padrone della casa che aveva affittato non sarà da meno: approfitterà anche lui per dargli lo sfratto. Guareschi dovette cominciare a fare i conti, dunque, con problemi economici abbastanza seri.

Oreste Del Buono, in “Amici, Amici degli Amici, Maestri”, scrive: «Giovannino Guareschi a ventisei anni non aveva più potuto rinviare la prestazione del servizio militare perché non aveva dato abbastanza esami a giurisprudenza e si era trovato in viaggio per l’Accademia militare di Potenza, da cui era venuto fuori come sottotenente di artiglieria destinato al sesto artiglieria del Corpo d’armata di stanza a Modena, dove era stato giudicato, al primo colpo d’occhio, dal colonnello Efisio Marras, un soggetto da tener lontano da un cannone. Era il più scassato aspirante uscito dalle scuole addette all’istruzione degli ufficiali di complemento, ma aveva, in compenso, sfondato come pittore e decoratore di muri di caserma».

Il fatto di essere stati onorati abbastanza a lungo della sua presenza lo si deve alla tradizione militare di Potenza. Infatti, il creatore dei personaggi di Peppone e don Camillo a Potenza non ci era capitato per caso ma per frequentare il Corso di Allievi Sottoufficiali dell’Artiglieria. Certamente pochissimi potentini sanno che nel 1934 Potenza era la sede di una delle cinque accademie militari che formavano tutti gli ufficiali di Artiglieria del nostro Paese. Ed a Potenza, per la prima volta nella sua esperienza, Guareschi si scoprì anche fotografo. Questa poco conosciuta faccia del grande scrittore di Parma è stata messa in luce sempre a Potenza molti anni dopo in due distinte occasioni. L’ultima volta nel corso di una mostra fotografica e documentaria dedicata proprio ai due anni trascorsi a Potenza da Guareschi. Nel corso di quella manifestazione (l’ultima volta risale al 2015) è stato presentato anche il libro di Marco Ferrazzoli, il giornalista che ha studiato più di chiunque altro la versatile, brillante e forte personalità dello scrittore della Bassa Padana, che, lo ricordiamo ancora, è lo scrittore italiano più tradotto all’estero ed uno dei più venduti (“Non solo don Camillo. L’intellettuale civile Giovannino Guareschi”).

In quella occasione Ferazzoli disse:
«La città di Potenza deve essere orgogliosa della presenza di Guareschi nel 1934. Infatti, anche l’esperienza militare nel capoluogo lucano formò le convinzioni civili di Guareschi, che poi, dopo la deportazione nel lager nazista nel 1943, divenne uno dei protagonisti di spicco della ‘resistenza bianca’». 
A Potenza Guareschi frequentò il corso per gli Allievi ufficiali di Completamento presso la Caserma Lucania e «con la sua macchina fotografica catturò – ebbe modo di rilevare la curatrice della mostra, Eva Bonitatibus – scene di vita di caserma e, nelle ore di libera uscita, quelle della città e della vita dei suoi abitanti». 
La mostra documenta l’esperienza militare del famoso autore di “Don Camillo” nella città di Potenza, in qualità di allievo ufficiale di complemento presso la Caserma Lucania negli anni 1934-35. Guareschi fotografo cattura Potenza e la Lucania ancor prima degli antropologi e degli etnografi, prima ancora di Ernesto De Martino, di Cartier Bresson e di Arturo Zavattini. La sua Voighlander posa l’obiettivo su una città in cui il tempo sembra essersi fermato e coglie momenti di vita da caserma e quelli di libera uscita: Guareschi soldato fotografa vicoli e strade innevate, asini e muli (antico baluardo della mobilità cittadina), volti di bambini e di donne, gruppi di uomini in riunione. Ma il futuro fondatore del ‘Candido’ non ha occhi solo per la parte popolare della città, ma anche per la sua parte che cerca la strada del progresso, anche per la sua classe borghese e piccolo-borghese ed allora con la sua macchina fotografica va in cerca di mercatini, dei vicoli, di Via Pretoria, delle pasticcerie e dei caffè. Diventa un cliente fisso della pasticceria Brucoli di cui dopo anni dalla sua esperienza potentina decanta la bontà delle paste e dei suoi dolci. Fotografa le locandine delle sale cinematografiche e ammira gli alberghi di quegli anni. C’è un breve passaggio simpaticamente ironico in cui lamenta il fatto di rivedere, appena uscito dalla Caserma, le stesse facce del corso allievi e poi c’è l’indicazione di andare a Potenza. Andare a Potenza è una espressione che oggi farebbe ridere in quanto la zona della Caserma Lucania è ormai da parecchio tempo in piena città, è primissima periferia e quindi il senso del distacco tra fuori Potenza e Potenza è totalmente obsoleto. Ma solo ottantatre anni fa era ancora pienamente in auge.

«La libera uscita – scriveva Guareschi, allievo sottoufficiale di artiglieria a Potenza – è una cosa bellissima. Dopo una giornata di fatica, saluti la tua brava sentinella e vai a Potenza. Sudi sette camicie da fatica con colletto da libera uscita, ma in compenso sei felice, perché potrai vedere qualche faccia nuova che non sia quella dei tuoi colleghi o superiori. Tant’è vero che, appena in Via Pretoria, ti incontri ogni due passi con tutto lo Stato Maggiore…», e così nei caffè e nei cinema. L’autore di “Don Camillo” fu in stanza con Guido Carli, il grande e famoso governatore della Banca d’Italia ed uno degli artefici del miracolo economico italiano, ma c’era anche il non meno famoso generale Bernacca, l’antesignano della meteorologia in televisione, senza dimenticare il conte Nuvoletti, cognato di Gianni Agnelli, il proprietario della Fiat, tutti personaggi che hanno lasciato una traccia più o meno profonda nella storia italiana del secondo dopoguerra.
Il futuro governatore della Banca d’Italia, Guido Carli, fu suo amico negli anni in cui il podestà Andretta faceva pavimentare via Pretoria e il vescovo Bertazzoni faceva affrescare le pareti della cattedrale dall’artista torinese-veneziano Mario Prayer: gli anni – in una città di provincia –  in cui c’erano già due cinema (la Sala Roma e il teatro comunale “Stabile”) e altrettanti alberghi; il “Lombardo” del commendatore Giovanni Boccia e il “Modern hotel” di Pecoriello, immortalato proprio in uno scatto di Guareschi con tanto di calesse davanti all’ingresso. 
In quella simpatica cronaca della passeggiata a Potenza, i «camerati cappelloni» lo ossessionano «in tutti i buchi del creato» e anche nella sosta «in uno di quei salotti in cui si sa come si va dentro, e non si sa mai come si viene fuori»: non gli resta che precipitarsi «come una valanga giù per la discesa del ritorno (la Discesa di San Gerardo n.n.)”, per rifugiarsi in bagno e per godere un momento di agognata solitudine.

Come fu il suo approccio a Potenza? Niente di drammatico o di epico, come fu per Levi l’approccio alla realtà della provincia di Matera. Il tono borghese e civettuolo di Potenza, lo stesso che solo pochissimi anni prima l’inviato del ‘Corriere della Sera’, Antonio Baldini, aveva, con piacevole sorpresa, rilevato, insieme alla intimità “quasi veneziana” della città e la vena di salace umorista glielo avrebbero severamente vietato. Le sue foto realistiche non si caricano dei toni della compassione o della pietà o dello scandalo per le condizioni di povertà di buona parte della popolazione,

Non c’è nella Potenza vista da Guareschi né denuncia né critica né superiorità da settentrionale e neppure la compassione pietosa, come, al contrario, nel Levi del “Cristo si è fermato ad Eboli”, ma c’è solo la curiosità e una voglia spontanea di dare protagonismo a quella che Eva Bonitatibus, presidente del circolo letterario Gocce d’autore, ha giustamente definito «dignitosa povertà». 

Guareschi, va in cerca dell’anima autentica della città, dei suoi scorci, in cerca di colore e così dalle foto lo vediamo intrufolarsi nei capannelli della domenica in zona Portasalza (è il 3 febbraio ’35) oppure mettersi accanto a due guardie davanti alle locandine dei film (“La principessa della Czarda” e “Il re dell’arena”), intermezzati dal giornale Luce e da “I tre porcellini”. I vecchi contadini o popolani col tabarro gli ricordano i suoi amici della “Bassa”. C’è una umanità varia in quella Potenza del 1935. Ad esempio, una foto è dedicata ai bambini del Brefotrofio. La foto li ritrae con i capelli rasati a zero e con un’aria sperduta e nelle foto traspare la simpatia dello scrittore verso di loro. Altri scatti per il carcere e il nuovo mercato, il vigile con il pennacchio davanti a una bellissima insegna “Sigari”. Traspare infine un suo amore sincero per la città, nonostante quel primo piano con didascalia “Finalmente!” a celebrare la fine del periodo lucano: senza i baffi dell’iconografia che lo ha reso celebre.

Durante il suo soggiorno a Potenza, Giovannino Guareschi collaborò al numero unico Macpizero che circolava tra i soldati in servizio di leva nel capoluogo lucano e dove disegnava caricature, oltre a pubblicarci “L’epistolario amoroso del soldato Pippo”. Scrive Guido Conti: «Nel “Macpizero” Giovannino sperimenta un racconto a puntate, con una serie di nove lettere alla fidanzata in cui spiega la vita militare. La domanda retorica iniziale è un meccanismo comico e narrativo per raccontare. Le lettere sono illustrare da vignette molto importanti, perché costituiscono l’inizio di una serie dedicata alla vita militare nei primi numeri del “Bertoldo”: “Gli strani soldati di Carillon”.»

Negli anni Cinquanta, ormai affermato scrittore, Giovannino Guareschi scriveva: «In un certo senso mi pare d’essere ancora collegiale al “Maria Luigia”. In un certo senso mi par d’essere ancora allievo ufficiale alla scuola d’artiglieria di Potenza».

L’esperienza militare influenzò molto la vita e la personalità di Giovannino Guareschi. Come sappiamo, questa si concluderà tristemente nei campi di concentramento nazisti. La vita nel lager ispirerà poi il “Diario clandestino”, il libro che lo consacrerà come scrittore al grande pubblico prima ancora che si affermassero i racconti di don Camillo e Peppone.

Matura in questo periodo anche la sua attività di giornalista umoristico. Era proprio durante il servizio militare potentino che Rizzoli faceva sapere a Guareschi della sua intenzione di fondare un giornale umoristico per contrastare lo strapotere del Marc’Aurelio, giornale satirico fondato qualche anno prima a Roma.

PINO A. QUARTANA 

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