Nel solco di un impegno di ricerca iniziato più di trent’anni fa e concretizzatosi già ventitré anni fa con la pubblicazione di Dizionario politico post-moderno, la nuova opera di Pino A. Quartana, Scienza e reincantamento del Mondo (Editrice Ermes, Potenza, 2017, pagine 134, euro 15), continua nel lavoro di messa a punto di una teoria del Postmodernismo critico. In particolare, sulle tracce teoretiche di Lyotard, Pino A. Quartana enuclea e sviluppa delle linee di pensiero, stando attento soprattutto al discorso filosofico-politico, rimasto implicito nel filosofo francese autore de La condition postmoderne.
Quartana, nella sua opera, focalizza l’attenzione sulla differenza fra una proposta di un ‘postmodernismo critico’ (di cui egli è propugnatore) e la filosofia postmoderna oggi più accademicamente e mediaticamente “in voga”, quella del ‘pensiero debole’ alla Vattimo. Quest’ultima, su basi heideggeriano-nietzschiano-foucaultiane, celebra la dissoluzione della Metafisica Occidentale, a beneficio della scomposizione di ogni discorso in tanti punti di vista, relativi; questo relativismo è decretato dai “pensatori deboli”, come l’unica possibile liberazione del soggetto da gabbie metafisiche totalizzanti, non fosse altro che giocoforza, la condizione contemporanea, portando alla frammentazione dei codici, delle logiche e dei linguaggi, ha frazionato la realtà in tante isole di senso, ed al soggetto non resta che prenderne atto ed approdare con fluidità e disinvoltura fra le parti di questo arcipelago simbolico-logico-semantico.
Al contrario, nel progetto di un postmodernismo critico, Quartana propone un protagonismo attivo del soggetto, inteso come individuo empirico, che, nello spazio della propria coscienza (foro interiore), libero da condizionamenti metafisici con pretese assolutistiche, può cercare e trovare il proprio assetto di autodeterminazione nel recupero e nella ricombinazione di materiale offerto dalla storia della Modernità. L’individuo, scevro da cristallizzazioni metafisiche che gli impongano un’eteronomica coerenza, un vincolante rispetto per una logica ferrea, posta a presidio e garanzia di mantenimento di sovrastrutture metafisiche, può permettersi di costruire sintesi utilizzando parti di ciò che la Modernità gli ha offerto, senza preoccuparsi di bollature d’incoerenza, contraddizione, perché in capo alla sua coscienza vige la Signoria di sé stesso.
Se la Modernità è salutata come l’era della secolarizzazione, delle grandi promesse di emancipazione delle masse umane dalle strutture del dominio dei pochi ebbene, quelle grandi promesse sono state abbondantemente disattese. Quartana mette ben in evidenza come la Modernità abbia sostituito i Miti sacri dell’Antichità e la Metafisica cristiana premoderno-medioevale con nuove metafisiche, che sotto l’apparente carattere laico, conservavano un’alea sacra, garanzia di conservazione del potere dei dominanti e della piena separazione dai dominati.
Tuttavia l’autore invita a fare uno sforzo di ragionamento, considerando la Modernità come un’era complessa in cui, per quanto persistano sotto un manto laico sacralità in funzione del mantenimento e dell’esercizio del potere, è anche il momento in cui l’evento della Rivoluzione Francese segnerà in modo irreversibile il passo nell’immaginario occidentale (e non soltanto) per quanto riguarda la pretesa di universalità dei diritti, fondata sull’uguaglianza di tutti gli uomini. Mai più sarà possibile fondare il proprio dominio esplicitamente su una pretesa di superiorità ontologica o in forza d’investitura divina o della Tradizione. Certo, forme autocratiche, aristocratiche ed oligarchiche, si presenteranno sulla scena della Modernità ma da quel 1789, il germe della pretesa di Uguaglianza, Libertà e Fratellanza è stato iniettato nella consapevolezza delle società occidentali e grazie a ciò ci saranno sempre degli anticorpi a trazione democratica pronti ad intervenire.
Se la Modernità ha tradito le attese di Secolarizzazione, Libertà ed Emancipazione, è pur vero che solo all’interno di una prospettiva moderna si può continuare a pensare a questi tre traguardi. In particolar modo, Quartana ritiene che il discorso del disincanto weberiano, non sia stato frustrato una volta per tutte dai vari metaracconti (les grands récits, per dirla alla Lyotard) in seno alla Modernità (Ragione, Illuminismo, Idealismo, Marxismo e Capitalismo), dalla loro capacità di colonizzare l’immaginario umano e di incantare nuovamente le masse.
Tutta la storia della Modernità filosofica, diviene la base fondante su cui innestare strategie per un postmodernismo critico, che liberi l’uomo dall’oppressore contemporaneo, più invisibile ed impersonale rispetto al passato: la logica sistemica.
L’emancipazione dell’uomo post-moderno (nel senso del postmodernismo critico), orientata dal vettore di senso della Secolarizzazione e garantita nella possibilità d’azione dall’ideale regolativo della Democrazia, passa attraverso la considerazione di tutta la filosofia politica moderna, delle sue categorie. Il soggetto, in quanto individuo empirico, attinge alla fonte delle categorie politiche moderne, ne prende le parti congeniali al suo intimo ed unico progetto politico e ne crea sintesi, che danno respiro a domande politiche realmente e nettamente figlie della sovranità popolare, intesa come sovranità in quota parte, spettante a ciascun rappresentante del dèmos. La logica binaria del sottosistema politico, che pretende categorizzazioni eteronomiche e precise con cui l’attore-individuo s’identifichi, viene spiazzata: individui concreti possono essere portatori d’istanze che sono una perfetta sintesi di argomenti di destra con argomenti di sinistra, che eludono il perfetto schematismo binario sistemico.
Soltanto in una dimensione individuale concreta, capace di “maneggiare” in modo disinvolto la storia della filosofia politica moderna è possibile vivere quella secolarizzazione emancipante, tanto attesa agli albori della modernità e tanto disattesa nel corso dei secoli moderni.
Il postmodernismo critico, quindi, non si pone come era che subentra alla deludente Modernità. E’ invece, come ci spiega bene Quartana, un atteggiamento dello spirito dell’uomo moderno, disilluso ma finalmente e pienamente convinto di poter attivamente creare le condizioni per il proprio progresso. L’uomo del postmodernismo critico è individuo di coscienza piena del suo tempo, delle sue possibilità, degli orizzonti tecnoscientifici, che il progresso tecnologico e scientifico, sta dipanando, tanto da (con apparente impasse paradossale) reincantarsi consapevolmente nella prospettiva di una Big Science, che in scala quali-quantitativa staccherà immensamente i livelli di maggior progresso odierni.
Si può dunque a buon diritto cogliere nel ‘postmodernismo critico’ quella risorsa progettuale di compimento della Modernità.
GIUSEPPE ONORATI
Collaboratore di ‘Potentia Review’ e dottorando di ricerca