IL POLITTICO SVANITO NEL NULLA

 

La presentazione del ‘Dizionario della Pittura e dei Pittori’ della Casa Editrice Einaudi del 1992 scriveva testualmente nella presentazione dell’opera: “Uno degli effetti più appariscenti del procedere della ricerca storico-artistica è il progressivo aumento della nomenclatura. Anche negli ultimi decenni gli studi hanno moltiplicato nomi di pittori, opere, luoghi di attività, molto spesso modificando sostanzialmente dati e contesti già noti o rivelandone altri, prima del tutto o quasi sconosciuti. Se si paragona la storia della pittura a un vasto territorio, stabile ma non immutevole, si può parlare, entro certi limiti, di una nuova demografia artistica; ed è dei nuovi «abitanti», capaci in diverso grado di suscitare interesse e attrazione, che nelle conversazioni tra storici d’arte, studenti, appassionati si finisce per parlare di più. Che abbiano attinto notorietà o celebrità o, semplicemente, abbiano acquisito lineamenti sicuri, negli ultimi vent’anni son comparsi tanti personaggi a colmare vuoti prima poco esplicabili, a rendere più vitali scuole e aree, ad articolare il discorso storico con nuovi nessi e collegamenti. Il ‘Dizionario’, ponendosi evidentemente un confine, registra come e quanto può; per fare qualche esempio, concentrandoci tra gotico tardo e Rinascimento, Peregrinus e Pietro di Galeotto, Tuccio d’Andria e Simone da Firenze, Nicolò Corso e Hans Kremer, Pedro Fernandez e il Maestro della Maddalena Assunta e tanti altri, in un secolo o nell’altro, locali o immigrati o itineranti, quasi in ogni punto dell’Italia transpadana, della penisola e delle isole”. Il Dizionario einaudiano, quindi, parlava di pittori che col passare del tempo e con l’avanzare degli studi critici vengono riscoperti e rivalutati, considerati sotto una luce di maggiore importanza di quello che si credeva per secoli. A titolo di esempio faceva quegli otto nomi tra cui quello di Simone da Firenze. Chi era, chi è stato Simone da Firenze? E’ stato un pittore fiorentino del 1500 e fiorentini sono stati la sua formazione ed il suo primo periodo di attività artistica. Simone da Firenze si ispirò alla scuola ed alla lezione artistica del Botticelli, del Ghirlandaio e di Filippino Lippi, ma subì anche il fascino della scuola umbra e di Raffaello. Infine, decise di operare nel Regno di Napoli ed a Napoli, dopo un lungo soggiorno, apprese anche l’uso dell’oro come elemento del fondale. Tale tecnica fu da lui utilizzata soprattutto nei polittici, per i quali ottenne particolari apprezzamenti. Ad un certo punto Simone da Firenze si spostò per un certo periodo abbastanza lungo in Basilicata e qui eseguì diversi polittici in quasi una decina di centri della nostra regione. Simone fu un figlio artistico del suo tempo; la prima metà del 1500. E’ il tempo del Manierismo, della pittura manierista. I manieristi furono quegli artisti che dopo il periodo d’oro della pittura rinascimentale, dopo Leonardo, Michelangelo e Raffaello, pensarono che il loro compito fosse quello di seguire la ‘Maniera moderna’, una definizione del grande storico dell’arte rinascimentale nonché pittore, Giorgio Vasari. I manieristi furono gli allievi di Raffaello Sanzio. Furono loro a diffondere il nuovo stile, la nuova corrente pittorica in tutta Italia; il Parmigianino a Bologna e Parma, Polidoro da Caravaggio (da non confondere con Michelangelo Merisi detto il Caravaggio che è di quasi ottanta anni posteriore a Polidoro) a Napoli e in Sicilia, Rosso Fiorentino e Primaticcio in Francia. Il Manierismo è stato il periodo dell’arte italiana (e sulla scia dell’Italia, poi europea) a cavallo tra la pittura del Rinascimento e la pittura del Barocco seicentesco. Simone da Firenze è nella parte meridionale dell’Italia uno dei rappresentanti più significativi della corrente manieristica. Nel periodo lucano, come ho già detto poc’anzi, esegue diverse opere, soprattutto polittici in una decina quasi di centri della nostra regione. Lavora molto soprattutto a Potenza. In ben due chiese; San Michele e Santa Maria del Sepolcro. A questo punto passo la parola ai diversi critici che si sono occupati del pittore fiorentino. Rossella Villani in una serie di articoli scritti per i Quaderni del Consiglio Regionale di Basilicata scrive: “Tra le opere attribuite a Simone da Firenze vanno ascritte quelle presenti nelle due chiese potentine di San Michele e di Santa Maria del Sepolcro. In San Michele si conservano una Madonna del Carmine con l’iscrizione dedicatoria HOC OPVS F. FECIT DONN’AVRELI DE CANILLO DE POTE NCIA A. D. 1532 e una predella con Cristo e Apostoli. Nel riquadro con la Madonna trova posto, in basso, il ritratto in miniatura del committente. L’immagine sacra a mezzo busto, nonostante le ridipinture e i ritocchi successivi, appare piuttosto arcaica: essa riprende lo schema bizantino della Glykophilousa. Sul fondo d’oro la Madonna, tutta avvolta in un panneggio scuro bordato che le copre il capo, come era in uso nel Medioevo, stringe a sé il Bambino. Il capo chino, il volto languido dalle sopracciglia curve e il naso aquilino più nulla sembra avere delle splendide immagini botticelliane che tanto amava riprodurre o imitare Simone”. Quindi, la Madonna del Carmine di Simone è di scarso, scarissimo valore artistico. Ma l’opera è veramente di Simone? Alcuni studiosi e critici lo mettono in dubbio. Ho appreso che a fine agosto una commissione dell’Università di Siena verrà nella nostra regione per fare dei riscontri su alcuni dipinti ed affreschi. Vedremo se ci saranno sorprese. Tutt’altra storia per il Polittico della Chiesa di Santa Maria del Sepolcro, quasi sicuramente realizzato nel 1537. Restituisco la parola a Rossella Villani: “Le sei tavole presenti nella chiesa francescana di Santa Maria del Sepolcro a Potenza, sembrano appartenere ad un polittico smembrato. Quattro di esse, verticali, raffigurano San Pietro, San Girolamo, Santa Caterina d’Alessandria, Santa Maria Maddalena, mentre le altre due, orizzontali, rappresentano sei Apostoli per ognuna e dovevano costituire, in origine, la predella. San Pietro, con capelli e barba bianchi, avvolto in un ampio panneggio che dilata la figura, impugna un’enorme chiave e mostra un sembiante corrucciato che induce il Rizzi a definirlo “torvo”; San Girolamo, anch’egli ritratto con una lunga barba bianca e con un elaborato panneggio che, pur lacero sulle ginocchia, sembra per le sue plastiche circonvoluzioni essere stato scolpito attorno al corpo. Il Santo, in penitenza, è rappresentato nell’atto di battersi il petto con il pugno destro e di stringere un Crocifisso ligneo con la mano sinistra, in un atteggiamento fortemente drammatico, tradito, d’altro canto, dai lineamenti tesi del volto canuto. Accanto a lui siede, mansueto, il leone. Santa Caterina d’Alessandria è splendidamente raffigurata in movimento, con la mano sinistra sull’enorme ruota dentellata e con la destra tesa a impugnare la spada con cui infilza il vecchio carnefice. La Santa mostra un ovale perfetto e delicato, messo ancor più in risalto dalla raffinata acconciatura, impreziosita da una ghirlanda di fiori, e dall’abito elegante e prezioso che adorna la bellissima figura in torsione. La Maddalena, dall’incarnato botticelliano, regge con la destra la pisside, mentre il braccio sinistro è tutto avvolto da un panneggio bianco dalle linee serpentine, care a Simone, che riflette, forse più che nelle precedenti opere, il virtuosismo dell’artista. Dunque personaggi plastici, dalle forme ben tornite, dai volti scolpiti ed espressivi, dai corpi tridimensionali e dai panneggi vistosi, esageratamente e intenzionalmente elaborati, gonfiati fino ai limiti della deformazione stilistica. Figure che parlano un linguaggio già chiaramente manierista, che si riproporranno nelle opere della maturità e che serviranno da modello agli allievi e seguaci di Simone. Le due tavolette orizzontali sono suddivise in due parti contenenti ognuna tre Apostoli. Anche qui le figure, in pose e atteggiamenti animati, prorompono dal fondo d’oro grazie alla resa scultorea delle loro sagome e agli effetti realistici ed espressivi, oltre che formalmente perfetti, dei loro visi. Visi che parlano attraverso gli sguardi, le rughe, le pose, i capelli e le barbe. Simone mostra, in queste immagini, di avere a quest’epoca piena padronanza della sua arte: si serve della luce per plasmare meglio i suoi personaggi e riesce a distribuire sapientemente il colore, in funzione di una migliore resa della figura umana”. Il Polittico della Chiesa di Santa Maria del Sepolcro di Potenza opera di Simone da Firenze, smembrato o no, è considerato ormai all’unanimità, ed è questo il fatto artistico veramente nuovo ed interessante, il capolavoro di questo artista fiorentino. Su questo punto, tutti i critici e storici dell’arte sono piuttosto concordi. Alberto Rizzi nel 1970 fu il critico che attribuì definitivamente il Polittico a Simone (prima di allora veniva attribuito ad Antonio Solario, un pittore veneto detto lo Zingaro, operante nell’Italia meridionale in pieno Cinquecento, spesso confuso con un suo omonimo contemporaneo lombardo o, addirittura, ritenuto non essere mai esistito da Benedetto Croce ed Emile Bertaux). Per Rizzi il Polittico di Santa Maria è il capolavoro di Simone da Firenze. Per la studiosa Anna Grelle, il polittico di Santa Maria rappresenta “un momento chiave nel percorso stilistico di Simone, che tende ora ad ingigantire, dilatare e ad un tempo articolare le forme e sembra rileggere testi toscani ed umbri degli ultimi decenni del secolo precedente e dei primi anni del ’500 alla luce, almeno in parte napoletana, di più aggiornate esperienze di fatti romani e lombardi, e di attingere assonanze quasi polidoresche nell’arcigno S. Pietro o nel fiammeggiante S. Girolamo di Potenza”. Rossella Villani concorda pienamente con il Rizzi e con la Grelle nel ritenere le tavole di Santa Maria del Sepolcro a Potenza il capolavoro indiscusso di Simone, frutto della maturazione artistica e di una personale ricerca improntata all’evoluzione formale e stilistica del pittore toscano che lo porterà, alla metà del 1500, “alle soglie del manierismo, accorciando così, come mai prima d’ora, le distanze tra la storia artistica lucana e quella nazionale”. Quindi, abbiamo un nuovo capolavoro. Abbiamo scoperto una nuova opera d’arte, anche questa nella stessa Chiesa dove abbiamo, qualche settimana fa, scoperto il Ricca, il quale realizzò il suo grande quadro, l’Adorazione dei Pastori, quasi cento anni dopo. Purtroppo, almeno fino a questo momento, devo aggiungere un dubbio. Non abbiamo. Avremmo. Devo per forza usare il condizionale perché dopo aver scoperto che il Polittico viene oggi considerato dalla critica più recente un altro piccolo capolavoro, e questa è la sorpresa positiva, ho scoperto, invece, anche il lato negativo della questione Polittico potentino di Simone da Firenze. Il Polittico, dato da tutti i critici e gli studiosi che finora ho citato in dotazione della Chiesa di Santa Maria del Sepolcro, nella Chiesa oggi non c’è più. Non sono riuscito finora a capire dove sia finito. Non c’è. Svanito nel nulla. Neanche sul web se ne parla. Sul web non vi è alcuna traccia di questa sparizione. Nemmeno sul web. Un altro mistero potentino. E’ stato rubato? E’ stato messo in un deposito? Non si capisce nulla di che fine abbia fatto. A questo punto, non mi resta che rivolgere un appello a nome della rivista e di tutti coloro che ci tengono alla rivalutazione storica, artistica, estetica e turistica di Potenza affinché chi sa qualcosa parli. Ci rivolgiamo come rivista prima di tutto alla Sovrintendenza. Non ne sanno nulla? Un appello anche ai Carabinieri specializzati nel furto delle opere d’arte. Ci sono state denunce? Vi risulta che sia stato trafugato o rubato? Ed infine una richiesta anche ai responsabili della Chiesa di Santa Maria del Seplocro di Potenza. Questa opera d’arte fino ad un certo punto era nella chiesa; ne parlano diversi critici e storici dell’arte. Poi, invece, ad un certo punto sparisce. Così ci risulta. Vorremmo tanto sbagliarci, ma a noi risulta che sia sparita non si sa bene quando e come. Si tratta, voglio ricordarlo, di un’opera d’arte importante secondo la critica d’arte più recente. Ne sapete qualcosa voi religiosi della Chiesa di Santa Maria del Sepolcro? Aspettiamo chiarimenti da parte di tutte le autorità qui chiamate in causa. Qualcuno deve dirci che fine ha fatto l’importante Polittico di Simone da Firenze.

PINO A. QUARTANA

Lascia un commento