I PRAYER, PITTORI-DECORATORI VENEZIANI A POTENZA

L’Associazione ‘We Love Potenza’ ha organizzato qualche giorno fa un incontro pubblico nella Sala dell’Arco del Comune di Potenza per rievocare la figura dell’artista Mario Prayer, che operò molto a Potenza. La nostra città è piena di opere di questo pittore che negli anni Venti, Trenta e Quaranta del secolo scorso riscosse un notevole successo in quanto fu interprete di un momento significativo della cultura pittorica italiana  La storica del’arte Elisabetta Troccoli Prayer ha tenuto la relazione e poi ci ha inviato questo articolo che pubblichiamo con molto piacere. Un grazie anche a Enzo Fierro, non solo per aver fatto da intermediario con la signora Troccoli Prayer, ma anche e soprattutto per l’alacre lavoro della sua Associazione a favore dello sviluppo della immagine culturale e turistica della città di Potenza.

 

 

Mario e Guido Prayer, veneziani di nascita e di formazione artistica, lasciarono Venezia alla volta di Bari, con la prospettiva di proficuo lavoro. Il primo fu il maggiore, Mario, chiamato da un amico, seguito poi dal fratello Guido. L’approdo in una terra così diversa fu preludio a quello che sarebbe stata la loro fortuna. Alla loro fama, testimoniata dalle grandi e innumerevoli opere presenti in tutto il Meridione d’Italia, Puglia, Calabria, Lucania, Lazio, non corrisponde ancora uno studio pregnante e analitico. Anni di ricerca, grazie alle preziose segnalazioni e gli affascinanti racconti di alcuni, più sensibili, membri della famiglia, di cui anch’io faccio parte, mi hanno permesso di ricomporre con pazienza e non senza difficoltà, le fila della ricca ed eclettica produzione dei due artisti.

Come esempio, fra tutti, possiamo citare il ciclo pittorico della Cattedrale di Potenza, affidato ai due fratelli, che avevano costituito una vera e propria «impresa d’arte», mettendo a disposizione quella eclettica formazione artistica che nei due artisti si compensava e completava. Dalle spiccate doti manageriali il più giovane, attento alle esigenze e ai gusti del momento, un inguaribile romantico il maggiore, la cui formazione classica traspare in tutta la sua produzione. È Mario che definisce l’impianto teologico del ciclo pittorico nella cattedrale lucana dedicata a san Gerardo, con il sussidio di colui che quel ciclo l’aveva voluto fortemente: il vescovo mecenate Augusto Bertazzoni che chiamò i Prayer a Potenza tra il 1934 e il 1945. Monsignor Bertazzoni forse intese che quell’uomo, schivo e ombroso, nascondeva una dolcezza, una sensibilità fuori tempo, ma soprattutto una conoscenza delle sacre scritture come pochi, e a lui si affidò, percependo che Mario intendeva l’arte «come un esercizio spirituale». Un artista straordinariamente raffinato, Mario, e nostalgico, nel suo linguaggio aulico sia classico che barocco. La sua genialità nasce da uno scavo interiore, che si misura con una irrequietezza che lo accompagnò in tutta la sua vita caratterizzando, suo malgrado, la sua produzione: quell’ansia di perfezione e di equilibrio che pervade le sue opere volutamente «perfette». La decorazione pittorica della cattedrale fu organizzata e concepita in stretto rapporto con le proporzioni dell’ambiente. La volta a botte ribassata è collegata con vele e pennacchi ai muri laterali illuminati da ampie finestre, le cui vetrate riportano immagini di santi su disegno del maestro. Le finte strutture architettoniche scandiscono gli episodi del ciclo pittorico-religioso, in alcuni momenti anche simbolico, con riferimenti al presente attraverso una chiarezza di rappresentazione eloquente nelle immagini di effetto naturalistico.

«L’ingabbiatura» architettonica delle finte cornici dorate dipinte, di chiaro sapore rococò, separa e ingloba allo stesso tempo le scene rappresentate. La decorazione ad affresco ricopre la volta delle navate e si manifesta con una doppia valenza figurativa. Nelle immagini centrali della volta, incorniciate riccamente, vi è un’ariosità barocca, mentre in quelle ai lati delle vele vi è una monumentalità classicista. L’impostazione generale della volta è un chiaro omaggio a Michelangelo e alla Cappella Sistina rivisitata attraverso la grande volta dell’ateneo barese del 1925 .

È da Michelangelo, dal suo «furor» creativo, dalla sua sintesi di attività artistica e attività intellettuale, che Mario Prayer viene affascinato. Di Michelangelo è la resa naturalistica e plastica dei corpi, la «finitura» dei particolari anatomici, del panneggio che mutua dalla scultura la «pastosità» e una corposa morbidezza. E come Michelangelo, Prayer «sfonda» le pareti e i soffitti, fingendo alte cupole e campate immense. Non è da dimenticare la lezione «veneziana», insita naturalmente nel Prayer. La città lagunare, emporio commerciale cosmopolita, crocevia di presenze greche, fiamminghe, tedesche, attenta anche a interessi antiquari e archeologici, è crogiuolo di rapporti-apporti che sintetizza in un linguaggio figurativo personale, aristocratico, fatto di variazioni di intensità di luce e di ricchezza di colore. Nel ciclo pittorico della cattedrale le figure di profeti seduti e inseriti sotto un arcone sostenuto da pilastri, le cui modanature diventano lati della cornice di medaglioni centrali, ma soprattutto le figure inserite nelle nicchie, nel saldo impianto plastico e nella loro acuta definizione fisionomica ricordano il Veronese degli affreschi della sala di villa Barbaro a Maser. Le scene in cui si affollano figure stagliate sullo sfondo di grandiosi prospetti architettonici, teatrali nella resa, ricordano anche nell’armonia cromatica la veronesiana Cena di Emmaus. Di Tintoretto (e si confronti la sua Fuga in Egitto nella Sala Inferiore della Scuola Grande di San Rocco a Venezia) è l’ambientazione paesistica dai toni bucolici, intimi, della scena ambientata nella campagna potentina del Miracolo di san Gerardo che trasforma in vino l’acqua, nella lunetta del coro. Il Prayer qui attualizza l’episodio miracoloso vestendo di abiti contemporanei le contadine lucane. La sequenza degli episodi culmina nella cupola, esempio di spazialità barocca nella dilatazione dello spazio affollato di figure; più razionale, certo, rispetto alla famosa Assunzione della Vergine del Lanfranco in Sant’Andrea della Valle a Roma, ma che altrettanto culmina in un centro luminoso. Uno «spettacolo» celeste che, partendo da una base di figure in ombra, progressivamente si stempera nel chiarore della figura centrale dell’Eterno, annunciata da fasci di luce che ricordano gli «allestimenti» teatrali del Bernini nell’Estasi di santa Teresa.

Un tributo, inoltre, all’impianto scenografico teatrale del Barocco romano e a Pietro da Cortona, che del Barocco fu l’antesignano, appare nella disposizione delle aeree figure in spazio centrico (in Cosimo presentato a Giove da Ercole e Vittoria) e a Luca Giordano, nella spettacolarità dell’impaginazione e degli effetti coloristici di tradizione veneta, nella concezione spaziale, festosa, aerea, luminosa, dilatata.

Nella controfacciata è rappresentata una Ultima cena, sulla scia di quella di Leonardo. L’impostazione prospettica è tipicamente quattrocentesca, ma con una maggiore maestosità nella scena, nell’allineamento simmetrico delle figure i cui gesti sono meno concitati, meno «vivaci» di quelli leonardeschi, esprimendo una classicità che culmina nella monumentale figura di Cristo, nodo drammatico della scena, isolato in un atteggiamento di solenne compostezza, che ne accentua il senso di solitudine fisica e psicologica. La scena è inserita in un perfetto illusionismo prospettico, definito dal pavimento a mattonelle quadrate, che richiamano il soffitto a cassettoni e un fondale architettonico rigorosamente definito da arcate.

Prayer dimostra non solo di conoscere i grandi monumenti e i più rappresentativi artisti della tradizione artistica italiana, ma anche di saperla sapientemente gestire fino a personalizzarla in un linguaggio originale e gradevole.   E tale capacità sarà sempre presente nella sua vasta produzione fino alle ultime opere, come la Chiesa dell’Immacolata a Roma dipinta tra il 1946 e il 1954, prima della sua morte, avvenuta nella capitale.

 

ELISABETTA TROCCOLI PRAYER

 

Nella foto; Mario Prayer, Ultima Cena, affresco nella Basilica Cattedrale di San Gerardo a Potenza.

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