META’ LEGISLATURA REGIONALE E’ STATA GIA’ SPRECATA

Siamo a metà legislatura regionale ed è, quindi, tempo di fare un primo bilancio su quanto fatto finora. Anticipo subito una valutazione personale: a mio avviso, abbiamo sprecato l’ennesima occasione per cambiare, come cercherò di dimostrare di seguito. Non solo non si è usciti dalla crisi multipla in atto da almeno vent’anni, ma non si è potuto registrare un accenno di svolta, anzi si è dovuto constatare che i problemi sono tutti lì, che si sono incancreniti, che sono diventati ulteriormente cronici. Il divario economico e sociale continua a crescere, le istituzioni, con in testa l’Ente Regione Basilicata, permangono nelle loro insufficienze organizzative, nei loro risultati fallimentari. Nulla deve cambiare: la sanità con le sue strutture ospedaliere esorbitanti e con l’enorme fiume di denaro che riceve continua ad avere la più alta migrazione in Italia, che è chiaramente sottodimensionata dal fatto che molti lucani non hanno soldi per curarsi altrove. Per impedire sommovimenti si fa una leggina per rinviare il tema del personale sanitario. Si nominano dirigenti improbabili o commissari in enti pubblici disastrati (vedi Arpab, consorzi) per “passare la nottata”, contando sulla memoria corta dei lucani. L’apparato amministrativo-funzionale è stato confermato in blocco. Sarebbe interessante conoscere da quali testate nazionali provengano i tanti giornalisti che presidiano gli uffici stampa, in quali aziende pubbliche e private i valutatori del personale della Regione abbiano svolto funzioni manageriali. La giunta regionale ha peggiorato la sua rappresentanza, circondandosi di yesman, escludendo l’unico assessore che cercava di mettere ordine in agricoltura e negli enti strumentali connessi (leggi consorzi di bonifica per i quali pretendeva la certificazione dei bilanci da organismi indipendenti) e che cercava di spiegare (invano) al suo presidente ed ai suoi collaboratori le regole comunitarie e nazionali di riferimento, sostituendolo con Braia, un politico di cui si fa fatica a ricordare grandi azioni politiche significative, per di più indagato, ma che ha il pregio di far parte della famiglia Antezza, ossia dell’alleato materano di ferro, che è servito al governatore per blindare la politica regionale. Si è proceduto a replicare le logiche e gli interventi dei fondi europei, senza sognarsi minimamente di fare la valutazione di quelli spesi in passato, altrimenti ne vedremmo delle belle. Si è consentito che l’ambiente subisse ferite drammatiche, seguendo il percorso delle politiche messe in campo in precedenza. La crisi non esiste per la classe dirigente, che non ha la più pallida idea su come superarla, ignorando che dopo la crisi nulla sarà più come prima. La crisi, ad avviso dei cacicchi regionali, è una invenzione buttata lì da tanti gufi, con lo scopo, ovviamente, di screditare una regione virtuosa: le povertà vecchie e nuove, le disuguaglianze, le emigrazioni multiple (per lavoro, per curarsi, per istruirsi) sarebbero fandonie. La Basilicata è la locomotiva del sud. In questo scenario mediatico, tracciato ripetutamente dal governatore Marcello Pittella, si è persa nello spazio di un mattino per strada la rivoluzione annunciata in campagna elettorale. Non ci si aspettava quella di Lenin, fatta di lacrime e sangue, ma, più semplicemente, quella che avrebbe dovuto sostituire una cosa con un’altra ed, invece, abbiamo e ci teniamo la solita solfa.
Qui, di rivoluzione abbiamo purtroppo quella silenziosa dei giovani che lasciano la regione. Conserviamo gelosamente il sistema-Basilicata, che ha preso le mosse da Emilio Colombo e si conclude con l’ultima versione del Pd lucano. Un modello che ha generato e genera inazione, indifferenza, insensibilità, autostima sotto i piedi, assuefazione agli scandali, clientelismo ed assistenzialismo. Il segreto della dominazione, ce lo ha spiegato a suo tempo Etienne De la Boètie, non sta negli squadroni a cavallo, non nelle schiere dei fanti. Sono sempre quattro o cinque persone che mantengono chi ha il potere (nel nostro caso, il famoso cerchio magico che circondava Colombo) e questi quattro o cinque hanno sotto di loro altri seicento approfittatori, che si comportano allo stesso modo del dominatore o del tiranno che sia. Quei seicento ne hanno sotto seimila cui fanno fare carriera. Dopo costoro viene una lunga schiera di sudditi, che sono tali gli uni per mezzo degli altri. Non è forse lo schema su cui si caratterizza il sistema-Baslilicata e il suo zoccolo duro? La Basilicata riceve bacchettate sonore, quanto continue, da Commissioni parlamentari, dalla Comunità Europea, dalla Procura della Repubblica, dalla Corte dei conti, dallo stesso Governo nazionale per finire all’ultimo episodio della Presidente della Camera, Laura Boldrini, sulla totale assenza delle donne in Consiglio regionale. La questione morale pesa come un macigno a tutti i livelli. I vertici regionali hanno pendenze giudiziarie che definire imbarazzanti è poco, ma tutto viene metabolizzato. La società regionale è come un ruminante: ha quattro stomaci da riempire e soddisfare. Tutto scivola tranquillamente addosso alla nostra classe dirigente, che sa di essere intoccabile, ‘a prescindere’, come direbbe Totò. Il tempo per essa è una variabile indipendente. Perdere tempo di fronte a situazioni drammatiche, dissipare risorse, bruciare legislature è un modo di essere della politica lucana. Il premier Renzi vuole commissariare il Pd in Campania. Avrebbe dovuto e potuto farlo e con più ragioni in Basilicata, dove il Pd ha perso le quattro città più importanti della regione, non riesce da mesi a nominare il segretario regionale e può vantare il fatto che in ogni comune esistono almeno tre-quattro Pd. Non lo fa perché fa prevalere la realpolitik: il governatore lucano serve per avere consenso, anche se modesto, soprattutto in questa fase, in cui il Presidente del Consiglio è letteralmente assediato dall’interno e dall’esterno. Che faccia danni poco importa.

NINO D’AGOSTINO

Lascia un commento