Cosa causa un infarto? Attenzione a questo nemico nascosto

La comparsa di un infarto, chiamato anche infarto miocardico acuto, rappresenta una delle principali emergenze cardiovascolari a livello mondiale ed è responsabile di molti decessi improvvisi, spesso in soggetti che non presentano sintomi premonitori evidenti. Alla base di questo evento acuto si cela quasi sempre un nemico silenzioso e insidioso: l’aterosclerosi, che può progredire per anni senza dare segni evidenti, fino a manifestarsi improvvisamente con conseguenze potenzialmente fatali.

Il ruolo centrale dell’aterosclerosi e dell’ostruzione coronarica

A livello fisiopatologico, l’infarto è la conseguenza diretta di una brusca riduzione, o del totale blocco, del flusso sanguigno attraverso una delle arterie coronarie, i vasi deputati a rifornire di ossigeno e nutrimento il muscolo cardiaco. Questa interruzione è provocata tipicamente dalla presenza di una placca aterosclerotica che ostruisce progressivamente il lume dell’arteria. La placca aterosclerotica è costituita soprattutto da lipidi, in particolare colesterolo, ma anche da cellule infiammatorie e deposito di calcio. Il processo progressivo di aterosclerosi rende le pareti arteriose rigide e soggette a fissurazioni.

Quando una di queste placche si rompe, si innesca istantaneamente un processo di coagulazione che porta alla formazione di un trombo (coagulo di sangue). Questo può ostruire completamente il vaso, interrompendo l’afflusso di sangue ad una porzione del cuore. Se il flusso non viene ripristinato in tempi brevissimi, le cellule miocardiche muoiono per mancanza di ossigeno, determinando così un danno spesso irreversibile al tessuto cardiaco.

I principali fattori di rischio: i nemici “nascosti”

Lo sviluppo dell’aterosclerosi e il rischio conseguente di infarto derivano da molteplici fattori di rischio, di cui alcuni assolutamente modificabili tramite scelte di vita e terapie appropriate. Ecco i principali riconosciuti dalle evidenze scientifiche:

  • Fumo di sigaretta: rappresenta uno dei fattori di rischio più potenti e diffusi. I composti tossici nel fumo provocano infiammazione cronica e favoriscono la formazione di placche instabili.
  • Ipertensione arteriosa: la pressione elevata danneggia la parete interna delle arterie, facilitando l’accumulo di lipidi e cellule infiammatorie.
  • Ipercolesterolemia: un eccesso di colesterolo LDL nel sangue si deposita nelle arterie, alimentando la progressione dell’aterosclerosi.
  • Diabete mellito: i soggetti con diabete, soprattutto se non ben controllato, risultano particolarmente esposti a lesioni vascolari precoci e diffuse.
  • Obesità, in particolare addominale: l’eccesso di grasso viscerale agisce come una vera fabbrica di sostanze infiammatorie che promuovono la disfunzione vascolare.
  • Inattività fisica: la sedentarietà è correlata a peggioramento del metabolismo dei grassi e del glucosio, oltre che ad aumento del peso corporeo.
  • Alimentazione squilibrata: una dieta ricca di grassi saturi, zuccheri, povera di fibre, frutta e verdura, favorisce la formazione di placche nelle arterie.
  • Stress cronico: situazioni di stress prolungato inducono alterazioni ormonali e infiammatorie che contribuiscono alla progressione della malattia coronarica.
  • Età avanzata e predisposizione genetica: con l’invecchiamento, le arterie tendono a irrigidirsi. Una storia familiare di eventi cardiovascolari rappresenta un importante campanello d’allarme.

Accanto a questi, esistono altre condizioni meno frequenti ma comunque importanti, come l’uso di droghe stimolanti (ad esempio cocaina), che possono provocare spasmi improvvisi delle arterie coronarie.

Meccanismi acuti: dalla placca instabile all’occlusione

La maggior parte dei casi di infarto deriva quindi da quello che può essere definito un “nemico nascosto”: la placca aterosclerotica instabile. Questa formazione, anche se può non dare alcun sintomo per decenni, è soggetta a rottura improvvisa. Tale evento scatena la formazione di un coagulo che, aumentando di volume, blocca rapidamente il flusso sanguigno all’interno della coronaria interessata. Il processo è così rapido che spesso non consente al cuore di attivare i suoi meccanismi compensatori: bastano pochi minuti di ischemia per determinare la morte delle cellule cardiache.

Non tutte le placche danno infarto: alcune, chiamate “stabili”, tendono a restringere il vaso lentamente e progressivamente, provocando angina da sforzo ma raramente un evento acuto. Quelle a rischio infartuale sono invece le placche vulnerabili, ricche di cellule infiammatorie e con un cappuccio fibroso sottile, facilmente soggette a fissurazioni.

Oltre alla rottura della placca, si riconoscono altri meccanismi acuti, seppure meno frequenti:

  • Spasmo coronarico: una contrazione improvvisa e sostenuta della parete arteriosa che chiude temporaneamente il vaso, anche in assenza di una vera ostruzione anatomica. Spesso collegato a uso di droghe stimolanti.
  • Embolizzazione: frammenti di coaguli provenienti da altre sedi possono incunearsi nei rami coronarici e bloccare il flusso locale.

Tuttavia, nel comune sentire, il vero “nemico nascosto” rimane quella componente infiammatoria silente che, favorita dai fattori di rischio sopra elencati, agisce nei decenni sulle arterie fino a determinare l’evento drammatico.

Prevenzione e attenzione ai segnali d’allarme

Conoscere le cause e i meccanismi dell’infarto significa poter metter in atto strategie efficaci per ridurre il proprio rischio personale. La prevenzione è infatti la vera arma vincente contro il nemico nascosto. I cardini della prevenzione sono:

  • Controllo dei livelli di colesterolo e dei trigliceridi con l’alimentazione e, se necessario, terapie specifiche.
  • Gestione della pressione arteriosa: riduzione del sale nella dieta, mantenimento del peso corporeo e attività fisica regolare.
  • Abbandono del fumo e limitazione dell’assunzione di alcool.
  • Controllo del peso e adozione di uno stile alimentare ricco in fibre, frutta e verdura.
  • Attività fisica costante, come camminare, nuotare o andare in bicicletta almeno 150 minuti a settimana.
  • Gestione dello stress tramite tecniche di rilassamento, sport, attività ricreative e meditazione.
  • Monitoraggio periodico di glicemia, pressione e colesterolo, soprattutto in caso di familiarità per patologie cardiovascolari.

Fondamentale è anche prestare attenzione ai segnali d’allarme di un possibile infarto, in particolare dolore toracico oppressivo, mancanza di respiro, sudorazione profusa, nausea e senso di debolezza improvvisa. Spesso questi sintomi si manifestano all’improvviso e richiedono l’intervento immediato dei soccorsi: ogni minuto perso può avere gravi conseguenze sulla possibilità di salvataggio del muscolo cardiaco.

Conclusione: l’infarto non è casuale

Sebbene la rottura di una placca o la formazione di un trombo possano sembrare eventi casuali, è ormai chiaro che l’infarto è l’esito finale di un lento e silente processo patologico. La consapevolezza della presenza di numerosi nemici nascosti, modificabili con scelte salutari, rappresenta il presupposto per un’efficace prevenzione. Solo riducendo i fattori di rischio e adottando uno stile di vita sano si può davvero tenere sotto controllo la minaccia silenziosa che grava sulle nostre arterie. Il messaggio cruciale è quindi prestare attenzione ai sintomi, ma soprattutto ai comportamenti di ogni giorno, veri determinanti della salute del cuore.

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