Conviene davvero comprare buoni fruttiferi bancari? Ecco i rischi e i rendimenti nascosti

I buoni fruttiferi bancari e postali rappresentano una delle forme di investimento a basso rischio preferite da molti italiani che cercano stabilità e semplicità nella gestione dei risparmi. Tuttavia, la domanda se convenga davvero acquistarli oggi richiede un’analisi attenta dei rischi reali, dei rendimenti effettivi e delle caratteristiche poco visibili di questi strumenti. Il panorama attuale, segnato da tassi d’interesse modesti e da una maggiore consapevolezza finanziaria, spinge infatti molti a interrogarsi sulla reale convenienza di queste soluzioni apparentemente sicure.

Caratteristiche dei buoni fruttiferi: facili, accessibili ma con rendimenti modesti

Una delle attrattive principali dei buoni fruttiferi — siano essi bancari come, ad esempio, i “Salvadanaio Free” di UniCredit, oppure i più noti buoni fruttiferi postali — risiede nella loro estrema semplicità d’utilizzo e nell’ampio grado di accessibilità. Per i buoni postali il taglio minimo di sottoscrizione è molto basso, appena 50 euro, e la procedura di acquisto o rimborso è facilmente fruibile da tutti. Questi strumenti possono essere sottoscritti sia in forma cartacea che dematerializzata presso qualsiasi ufficio postale o banca convenzionata.

Sono garantiti dallo Stato (i postali tramite la Cassa Depositi e Prestiti), offrendo un alto livello di sicurezza percepita. La tassazione agevolata al 12,50% degli interessi, contro il 26% di altri strumenti finanziari, costituisce un ulteriore incentivo in un contesto dove ogni punto percentuale può fare la differenza su investimenti di lungo periodo.

  • Non ci sono commissioni o spese di gestione.
  • Disponibilità del rimborso anticipato, anche prima della scadenza, anche se in alcuni casi si rinuncia agli interessi maturati.
  • Assenza di rischio di mercato: alla scadenza viene restituito il capitale investito più gli interessi (fissi o variabili a seconda della tipologia).
  • Esenzione dall’imposta di successione e possibilità di cointestazione.

Per i buoni fruttiferi bancari emessi dagli istituti di credito, la dinamica si fa leggermente più articolata: spesso sono previsti tagli minimi di sottoscrizione più elevati — ad esempio, UniCredit richiede un minimo di 1.000 euro — ma consentono comunque ad ampie fasce di risparmiatori di accedervi. Anche in questo caso il tasso di interesse è generalmente fisso e noto fin dall’inizio, garantendo così prevedibilità e semplicità di calcolo.

I rendimenti: tra aspettative e realtà

Analizzando però i rendimenti effettivi dei buoni fruttiferi nel contesto odierno, emergono limiti importanti. I tempi d’oro di interessi annuali a doppia cifra sono ormai archiviati: oggi, nella migliore delle ipotesi, le emissioni “nuove” difficilmente raggiungono tassi d’interesse netti oltre l’1,5-2% annuo, spesso molto meno. Questa situazione è diretta conseguenza della cosiddetta “regola aurea degli investimenti”: maggiore sicurezza = minore rendimento.

Per molti piccoli risparmiatori, i buoni fruttiferi postali assomigliano sempre di più a strumenti di gestione della liquidità piuttosto che ad autentici investimenti. Offrono sicurezza e una lieve rivalutazione del capitale, ma non sono adatti a chi cerca crescita reale nel medio-lungo termine. I rendimenti, inoltre, risultano spesso inferiori all’inflazione stessa, determinando una perdita di potere d’acquisto nel tempo.

Un ulteriore elemento che incide sul rendimento è la durata effettiva del vincolo: più il capitale resta investito, migliore sarà il rendimento netto. I buoni postali di breve durata corrispondono generalmente tassi molto contenuti; quelli vincolati su 5, 10, 20 anni possono offrire qualcosa in più, ma spesso la differenza non risulta sufficiente a compensare la perdita di alternative più dinamiche.

I principali rischi: forme di sicurezza vera e rischi nascosti

Comprare buoni fruttiferi bancari o postali non è esente da rischi, anche se spesso questi ultimi sono meno visibili agli occhi del grande pubblico.

  • Rischio emittente: per i buoni postali il rischio è legato allo Stato italiano. Se lo Stato dovesse fallire, i buoni diventerebbero “carta straccia”. Sebbene questa eventualità sia attualmente remota, la crescente instabilità macroeconomica globale e l’aumento del debito pubblico rendono il rischio emittente non più così impensabile come un tempo.
  • Non diversificazione: detenere solo buoni postali o bancari, magari in parallelo ai Buoni del Tesoro Poliennali (BTP), espone due volte allo stesso rischio: quello del medesimo emittente, ossia lo Stato italiano.
  • Cause legali e controversie: ci sono stati casi in cui le Poste hanno erogato interessi inferiori rispetto a quanto spettava ai risparmiatori, soprattutto su buoni a lunga scadenza emessi decenni fa. Alcune associazioni dei consumatori hanno sollevato il problema di condizioni contrattuali poco trasparenti o modifiche unilaterali sui tassi applicati.
  • Rischio inflazione: spesso poco percepito, ma molto reale. Con rendimenti che raramente superano il tasso d’inflazione, il capitale così “protetto” rischia di diminuire il suo valore reale nel tempo.
  • Carenza di flessibilità: anche se il rimborso anticipato è sempre possibile, nei primi anni spesso gli interessi sono nulli o molto bassi; i buoni più vantaggiosi sono spesso quelli meno liquidi.
  • Tipologia del rendimento legato a parametri complessi: alcuni buoni fruttiferi, specie le versioni bancarie “strutturate”, presentano rendimenti legati ad andamenti di indici di Borsa o parametri variabili, rendendo difficile prevedere il ritorno effettivo e aggiungendo fattori di rischio non trascurabili.

Quando convengono davvero e a chi sono adatti

Nell’attuale fase dei mercati, sottoscrivere buoni fruttiferi bancari o postali è conveniente soprattutto per chi desidera massimizzare la sicurezza e minimizzare la gestione del rischio. Sono la scelta ideale per chi vuole semplicemente parcheggiare liquidità in attesa di tempi migliori per investire o per chi cerca un prodotto senza costi né sorprese. Inoltre, possono essere utili per diversificare una quota marginale del patrimonio complessivo, come “polizza di sicurezza”, specialmente per chi ha una bassa propensione al rischio o per finalità come la gestione di risparmi destinati a minori o familiari anziani non esperti di mercati finanziari.

Non sono invece adatti a:

  • chi punta alla crescita significativa del capitale nel tempo
  • chi vuole proteggersi efficacemente dall’inflazione attesa
  • chi desidera strumenti con un certo grado di rendimento reale superiore
  • chi cerca diversificazione geografica o valutaria

Va sottolineato che la convenienza di questi strumenti si riduce ulteriormente per importi elevati e orizzonti di tempo medio-lunghi, a causa della mancata remunerazione reale. Inoltre, per alcune tipologie, le condizioni possono variare frequentemente: è fondamentale leggere con attenzione il prospetto informativo e valutare il rendimento netto (non lordo), tenendo conto di eventuali modifiche contrattuali e andando al di là delle semplici rassicurazioni fornite dagli operatori.

In un simile contesto, i buoni fruttiferi possono essere considerati uno strumento comodo e sicuro di gestione della liquidità, ma difficilmente rappresentano la soluzione ottimale per chi abbia obiettivi di crescita reale del patrimonio. Restano invece una buona scelta per chi privilegia la protezione del capitale e la semplicità, purché sia ben consapevole dei rischi sommersi e dei rendimenti spesso inferiori alle attese.

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