LA CENTRALITA’ STORICA DI POTENZA NELLA CRISTIANIZZAZIONE DELLA LUCANIA (BASILICATA)

Un altro lungo e cruciale periodo storico di Potenza di cui non si parla mai o di cui non si è mai parlato, un altro importante periodo storico, sconosciuto anch’esso insieme ad altri, è quello che comincia ancora in epoca romana ma pian piano, nella misura in cui l’Impero Romano si avvia alla definitiva decadenza e poi alla caduta (476 d.C.), immette nella cristianizzazione della regione e nell’Alto Medioevo fino all’Anno Mille. Del primo periodo della storia di Potenza, cominciata nel IV secolo a.C. col primo nucleo degli antichi Lucani, non si sa molto ancora oggi, ma sappiamo che già in quei tempi remotissimi la nostra città era una delle undici capitali cantonali di quell’antico e glorioso popolo e quindi aveva un posto di primissimo piano. Ne parleremo in una prossima trattazione. Della successiva epoca romana, durata circa sette secoli, la nostra rivista ha già scritto molte cose ed altre ne scriveremo ancora, ma il lettore attento dovrebbe già sapere che anche nel periodo romano Potenza continuò ad esercitare un ruolo di primissimo piano nella vita della Lucania essendo una delle tre città più importanti di quelle che oggi insistono nella attuale regione Basilicata. Partiamo da questo punto per cominciare il discorso sul ruolo di Potenza nella fase di cristianizzazione della Basilicata e, successivamente, dell’Alto Medioevo a partire dalla caduta dell’Impero Romano (476 d.C.), epoca in cui la Chiesa cominciava ad essere una presenza totale e totalizzante nella vita dei popoli europei. “Le città di Acerenza, Venosa, Potenza e Grumento, che erano i maggiori centri della regione, vengono tutte occupate. Travolte dagli avvenimenti che si svolgono durante la decadenza ed il disgregarsi dell’Impero Romano, le popolazioni sperano di trovare un anelito di vita intorno alle chiese cristiane che, proprio allora, stavano rafforzando la diffusione sul territorio lucano. I vescovi però non erano ancora nelle condizioni di proteggere i loro fedeli, né di influire sulla vita politica ed economica dei vari centri abitati ed essi stessi subiscono passivamente le conseguenze delle tristi vicende che travagliano i paesi lucani ed il territorio ancora una volta è teatro di una guerra che per circa un trentennio viene combattuta fra Greci e Goti che si contendono il possesso dei territori italiani”. (Carlo Palestina, 2000). Fonseca definisce le diocesi di Potenza, Venosa e Acerenza “i tre importanti gangli vitali dell’organizzazione ecclesiastica della Lucania nell’ultimo decennio del V secolo”.

Condurrò il discorso sul ruolo di Potenza nella cristianizzazione della Lucania focalizzando l’attenzione su Potenza seguendo quattro filoni;

  • Le fonti scritte
  • L’agiografia
  • Le fonti archeologiche
  • Potenza bastione in Lucania della Chiesa romana contro la Chiesa d’Oriente

Mentre l’Impero ed il vecchio mondo pagano si dissolvono, la guida delle popolazioni della Lucania viene man mano assunta dai vescovi. Sotto la direzione dei vescovi sopravvive il ruolo egemone che le città, già colonie romane, Venusia, Potentia e Grumentum, avevano avuto in epoca romana e forti ancora risuonano gli echi del loro passato classico; sono chiamate a costituire ancora il punto di riferimento, non solo religioso e morale, per tutti gli abitanti delle loro aree (Carlo Palestina). Le città più importanti nella prima fase di cristianizzazione, ma anche successivamente, quindi,  sono le stesse tre città romane che erano state già egemoni nei lunghi secoli del periodo romano; le tre città che erano unite anche dalla più importante strada della regione, quella Via Herculia voluta verso il 280 d.C. dai due co-Imperatori Diocleziano e Massimiano. Una arteria il cui ruolo nella Lucania antica non finiamo mai di scoprire e si apprezzare ancora oggi, visto che sulla Via Herculia nei mesi scorsi è stato formulato un progetto di valorizzazione turistica che vede proprio il comune di Potenza come capofila. Come accadde per la stessa città di Roma, il cristianesimo si insediò anche in Lucania (Basilicata) sulle stesse vestigia e negli stessi centri della romanità. A Venusia (Venosa), Potentia (Potenza) e Grumentum si aggiunse verso la fine dell’età romana e verso l’avvio di quella del cristianesimo anche Acherontia (Acerenza) e tutte e quattro diventarono anche le più antiche Diocesi della Lucania.

Le fonti scritte

La storia della cristianizzazione in Lucania o Basilicata non può contare su molte fonti scritte certe. La più sicura è quella rappresentata dalle epistole dei Papi di quel tempo molto remoto. In particolare, dagli epistolari di due Papi delle primissime fasi dell’Alto Medioevo (l’Impero Romano era caduto da pochissimi anni cioè nel 476 d.C. con l’ultimo Imperatore, Romolo Augustolo): Papa Gelasio I (492-496 d.C.) e Papa Pelagio I (verso la metà del VI secolo, 550 d.C. circa). L’epistolario di Gelasio, testimonianza preziosa per ricostruire il processo di cristianizzazione dell’Italia meridionale, assume un rilievo tutto particolare per la Basilicata, essendo una delle pochissime fonti cui attingere informazioni relative all’organizzazione e alla vita delle comunità cristiane, oltre che i nomi dei vescovi e delle diocesi esistenti in quell’epoca (cfr. Campione).

La prima notizia certa del primo vescovo lucano (e basilicatese) di cui la Storia ci ha fornito il nome e la prova certa della sua esistenza è proprio un vescovo potentino; Erculenzio. A dire il vero, il primo dovrebbe essere, o è stato, Exuperantius, ma siccome in questa ricostruzione ci riferiamo non solo alla regione come era configurata nel V° secolo d.C. ma a come è configurata oggi (la Basilicata) dovrei escluderlo perché la sua sede episcopale è stata localizzata dagli studiosi a Paestum e quindi oggi fuori dai confini attuali della nostra regione.

Nel 494, Erculenzio è destinatario, insieme ai vescovi di Venosa ed Acerenza, di una lunghissima epistola, quasi una enciclica, di Papa Gelasio I,  la ad universos episcopos per Lucaniam, Brutios et Siciliam constitutos, in cui si sollevava una questione che riguardava Sabino, vescovo di Marcelliana, località sita nel Cilento, oggi provincia di Salerno. Poi, la Diocesi o la Chiesa potentina ebbe una fase di grande fulgore col vescovo Pietro, che era diventato il fiduciario ed il punto di riferimento in Lucania di Papa Pelagio I, circa 60-70 anni dopo la cattedra di Papa Gelasio I. Non tutte le questioni affrontate nei ventotto decreti dell’epistola-enciclica interessarono in maniera uguale tutte le comunità cristiane di Basilicata, Calabria e Sicilia, ai cui vescovi è genericamente indirizzata la lettera; certamente, però, il problema della consacrazione di nuove chiese, che richiama un tema centrale della riforma gelasiana, riguardava in modo particolare la regione lucana, giacché è affrontato in un’altra epistola inviata dallo stesso papa al vescovo Erculenzio di Potenza. Trigezio, un cittadino potentino, aveva chiesto al vescovo Erculenzio l’autorizzazione per costruire una chiesa dedicata a san Michele e san Marco confessore su un terreno di sua proprietà e il vescovo aveva inoltrato la richiesta al pontefice. Gelasio, nell’epistola, chiede al vescovo potentino di verificare se il terreno in questione fosse compreso nel territorio sottoposto alla sua giurisdizione e, in caso affermativo, di provvedere alla consacrazione solenne della chiesa; inoltre, esorta il vescovo ad informare Trigezio che, in seguito, non potrà accampare alcuna pretesa sulla nuova basilica, che sarebbe divenuta a tutti gli effetti proprietà della Chiesa.

Questa antica chiesa è quasi sicuramente il primo impianto di quella che ancora oggi è la Chiesa di San Michele. I mosaici di età tardo romana-paleocristiana, rinvenuti ad un metro sotto il livello pavimento della Chiesa ed in corso di restauro, ne sono la prova evidente, cioè provano l’esistenza di un precedente luogo di culto datato tra V e VI secolo.

“In un’altra epistola datata tra la fine del 494 e l’agosto del 495, indirizzata oltre che ad Erculenzio di Potenza ai vescovi Stefano di Venosa e Giusto di Acerenza – diocesi attestate per la prima volta proprio in questo documento – Gelasio comunica ai tre presuli che gli pervengono lamentele circa l’operato di alcuni vescovi i quali, contravvenendo alle antiquae regulae e ai decreta nostra noviter directa innalzano alla dignità e all’ufficio clericale anche gli schiavi; in particolare il riferimento è al vescovo della diocesi di Consilinum (attualmente in Campania), che aveva ordinato presbitero Antioco e ammesso al clero suo fratello Leonzio, entrambi schiavi della matrona Placidia, i cui rappresentanti avevano protestato per quella ordinazione fatta all’insaputa della padrona. Il papa esorta i tre vescovi ad accertare la verità dei fatti, interrogando i protagonisti dell’episodio.

Nell’impossibilità di risolvere bonariamente la questione, Gelasio dispone che venga ripristinata la situazione originaria; ma, poiché Antioco, già ordinato presbitero, non poteva essere riportato alla condizione di schiavo, egli propone alla matrona di tenerlo come presbitero a servizio della sua chiesa. In un frammento attribuito alla stessa lettera il papa esorta i tre vescovi, Erculenzio di Potenza, Stefano di Venosa e Giusto di Acerenza, a farsi mandare dal vescovo Reparatus il presbitero Genitor, il quale tratteneva presso di sé il servo Septimus preteso dal padrone perché fosse giudicato. Del vescovo Reparatus non viene precisata la diocesi: per Lanzoni è verosimile che sia una diocesi lucana. Ai concili del 501 e 502 si registra la presenza anche di Amandus episcopus ecclesiae Potentinae: anche se è difficile stabilire se si tratti di Potenza lucana o di Potenza Picena, non si può escludere la diocesi lucana giacché il vescovo Erculenzio, a capo della diocesi potentina almeno fino al 495, risulta assente dai concili simmachiani e quindi Amandus potrebbe esserne stato il successore”. Il Racioppi invece non ha dubbi; il vescovo Amandus era vescovo di Potenza (cioè Potenza in Lucania, città ben più nota ed importante della piccola cittadina marchigiana).

Dopo i concili simmachiani, per poter registrare altre testimonianze sul cristianesimo lucano bisogna attendere il pontificato di Pelagio I (556-561): le sue epistole forniscono notizie utili per la ricostruzione di alcune vicende delle diocesi di Grumentum e Potenza e consentono dl conoscere il primo nome di un vescovo della diocesi di Grumentum, Tulliano, diocesi attestata fino a quest’epoca solo indirettamente nell’epistolario di papa Gelasio.

In un’epistola indirizzata a Tulliano, Papa Pelagio approva l’elezione a vescovo di Marcellianum o Consilinum del diacono di Grumentum e comunica a Tulliano di aver saputo dell’elezione del diacono anche da Pietro, vescovo di Potenza e visitator della diocesi vacante. Nel 599 papa Pelagio invia a Pietro, vescovo potentino, una lettera nella quale lo esorta ad attivarsi affinché il diacono della chiesa di Grumentum, Latino, eletto vescovo della diocesi di Marcellianum o Consilinum, sia mandato a Roma per l’ordinazione vescovile. Da un’altra epistola, indirizzata sempre a Pietro, vescovo di Potenza, sappiamo che il vescovo potentino aveva inviato al pontefice un libellus relativo ad un negotium insolitum: un diacono, accusato della colpa di incestum, aveva rifiutato di sottoporsi a giudizio perché affermava che nessuno poteva provare canonice la colpa che gli veniva imputata. Il papa, pur preso da molti impegni (multis inevitabilibus curis involutus), esorta Pietro ad approfondire rapidamente la questione che aveva suscitato scandalo nella chiesa; dopo le opportune verifiche, nel caso in cui la colpa fosse stata accertata, sarebbe stato necessario che venisse debitamente punita ut ceteri habeant timorem. Da queste epistole sembra emergere il ruolo preminente svolto dal vescovo Pietro e dalla diocesi di Potenza.

L’agiografia

I processi relativi alla ricostruzione delle origini cristiane e alla formazione delle diocesi in Basilicata, così come nell’Occidente latino, sono uno dei problemi storiografici più difficili da risolvere a causa della scarsezza e talvolta dell’inconsistenza delle fonti specifiche, sia letterarie che epigrafiche, iconografiche e archeologiche. Alla scarsezza e frammentarietà delle fonti autentiche fa riscontro una ricca produzione di testi medievali, per lo più di tipo agiografico, che forniscono dati non sempre verificabili e utili per una ricostruzione scientificamente fondata delle origini e del primo sviluppo delle antiche comunità cristiane (Campione, 2000). Potenza è molto presente nella agiografia del primo cristianesimo lucano. Il Martirologio Geronimiano ne è la prova scritta. Il Martirologio geronimiano, anche se non sempre di facile lettura, è un documento di grande rilevanza sul piano agiografico, cultuale e storico perché registra santi e martiri della chiesa dei primi quattro secoli (recensio Italica) e offre una serie di testimonianze che consentono di ricostruire le linee di sviluppo dei culti e, quindi, anche la presenza del cristianesimo in alcune aree. Tuttavia non va dimenticato che il Martirologio geronimiano è un documento singolare da analizzare con un’attenzione particolare a causa dei numerosi errori di trascrizione, delle varianti ortografiche e redazionali, delle duplicazioni di santi e località, della confusione tra antroponimi e toponimi e delle numerose modifiche apportate in funzione della destinazione e dell’uso come “libro di culto” delle comunità, come “libro vivo” (Ada Campione, 2000)

Secondo la studiosa barese, nel Martirologio geronimiano la Lucania è ricordata:

– talvolta in maniera generica;

– talvolta come provincia;

– talvolta con la menzione specifica della città di Potenza.                                       

In effetti, è così. Tra tutti i centri lucani e le prime diocesi lucane Potenza è la città più presente nel Martirologio. C’è la storia o la leggenda dei dodici fratelli africani di Adrumeto, giustiziati in parte a Potenza ed in parte a Venosa, quella di Gianuario, vescovo cartaginese, con i suoi due diaconi, che sarebbe stato condotto in Italia, a Potenza, quella di San Felice di Potenza e quelle di altri martiri del primo cristianesimo legati direttamente a Potenza. Ma in questo articolo non ne parlerò. Mi limito a farne cenno, a dire che si tratta di leggende o storie affascinanti, ma non posso inserirle in una storia ufficiale della cristianizzazione a Potenza ed in Lucania (Basilicata) perché, come scrisse il Racioppi, si tratta di “documenti di pietà, non titoli di storia”. Come ho avuto modo di evincere ragionando su date e personaggi effettivamente esistiti (ad esempio, gli imperatori romani sotto il cui mandato si sarebbero svolte le vicende narrate nelle agiografie cristiane sui martiri) troppe cose non sono chiare. Queste storie, se non sono pura leggenda, allora sono storie che possono anche essersi verificate ma, di certo, nessuno può darne dimostrazione storica seria; non possiamo darne dimostrazione. Le date e  le circostanze sono imprecise o contraddittorie. L’unica cosa certa che queste leggende o queste storie possono dimostrare è la considerazione che i posti dove sono state ambientate avevano nel popolo cristiano o, meglio, paleocristiano e quei centri, ancora una volta, non potevano che essere le città storiche di riferimento della cristianizzazione durante l’epoca imperiale romana e successivamente, dopo il crollo dell’Impero, nell’Alto Medio Evo fino all’anno 1000; Potenza, Venosa, Grumento, Acerenza in primis. In conclusione, allo stato attuale delle ricerche di nessun martire/santo si può sostenere con certezza che abbia subìto il martirio in Basilicata, mentre appare certa la provenienza africana di alcuni di essi, a conferma di uno degli itinerari classici della santità, che dall’Africa proconsolare, attraverso l’Italia meridionale, risaliva verso l’Italia.

 Le fonti archeologiche e l’antichità cristiana di Potenza

Notizie più certe e sicure provengono oltre che da documenti ufficiali, come gli epistolari papali, anche dai reperti archeologici e dalla architettura religiosa. Accertata la cronotassi dei vescovi lucani (abbiamo visto che il primo di cui si ha notizia storica certa è il vescovo di Potenza, Erculenzio nel 494 d.C.), vengono spontanee anche altre due o tre domande; qual è la chiesa lucana (basilicatese) più antica? Qual è la Diocesi lucana (basilicatese) più antica? Lascio la parola allo studioso Carlo Palestina:

 “Dall’esame della pianta della antica chiesa, dedicata a Santa Maria Assunta (l’odierna Cattedrale Metropolita di San Gerardo nonché Basilica Pontificia minore n.d.r.),  che affiora dagli scavi è molto probabile che ci si trovi di fronte ad un edificio dei primi tempi dell’era cristiana, in quanto si presenta con tutte le caratteristiche proprie delle basiliche paleocristiane, quale l’orientamento dell’abside rivolta verso Oriente e la facciata che guarda ad Occidente secondo l’uso costante dei primi secoli dell’era cristiana”. Ma basta questa osservazione per ipotizzare o asserire che si tratti della più antica chiesa della Lucania (Basilicata)? Prendo in esame anche un altro aspetto. Come testimoniato da una iscrizione romana del I° secolo presente all’interno, la cattedrale di San Gerardo fu probabilmente costruita su un preesistente edificio di epoca romana. La storia artistica del luogo di culto si può invece suddividere in tre fasi di cui la prima vede una chiesa paleocristiana dal III secolo al V secolo. Terzo secolo, quindi, siano agli anni dal 201 al 300 dopo Cristo; ancora in piena epoca romana. Reitero la domanda: la Basilica Pontificia minore o Cattedrale di San Gerardo di Potenza è la Chiesa più antica della regione? Abbiamo visto che asserire verità storiche a così tanto tempo di distanza è estremamente difficile, vista la scarsa documentazione, ma visto che non ci sono notizie di chiese le cui radici affondano in un passato ancor più antico, si può affermare, anche senza sicurezza storica assoluta, che si tratta dell’ipotesi più probabile. Carlo Palestina, lascia intendere fra le righe di propendere per la stessa ipotesi, però, subito avverte che questa ipotesi non avalla anche quella secondo cui Potenza sarebbe stata la prima Diocesi lucana o basilicatese a costituirsi. Ovviamente, per ricavare il dato sulla antichità di chiese e diocesi occorre anche comparare la storia della Cattedrale e della Diocesi potentina con la storia delle altre diocesi della regione. In questo compito si è cimentato molto bene Giacomo Racioppi in Storia dei popoli della Lucania e Basilicata e siccome si tratta di una trattazione lunga e complessa farei bene a rimandare il lettore a quelle pagine specifiche (esattamente al Capitolo VI dal titolo ‘La Chiesa e gli ordinamenti ecclesiastici della Provincia’). In quelle pagine non ho riscontrato dati anteriori alla nascita della Diocesi di Potenza. Per esempio, Racioppi fa risalire la fondazione della Diocesi  di Tricarico a non prima del 968, quella di Tursi-Anglona a non prima del 1110, la Diocesi di Matera a non prima del 1200, Acerenza al 499. Circa Venosa, il Racioppi fissa una data certa in cui esistevano vescovi venosini nel 501, quando il vescovo venosino Stefano sottoscrive il concilio romano. Ma è possibile che la Diocesi di Venosa esistesse già nel 494 quando Papa Gelasio I manda la sua lettera-enciclica ai tre vescovi lucani. Grumento, lo abbiamo visto, viene citata solo più tardi del 494 e poi scompare per sempre. Il suo posto fu preso dalla Diocesi di Marsico, che di certo, non va posta tra le più antiche Diocesi della regione. Anche Melfi non va posta tra le più antiche Diocesi dal momento che Melfi fu fondata nel 1017. Stesso discorso per Rapolla, che non è anteriore ai tempi normanni. Muro Lucano fu eretta a sede vescovile  subito dopo l’Anno Mille. Per comodità del lettore, voglio ricordare qual è oggi, nel 2018, la mappa delle Diocesi della Lucania o Basilicata. Oggi le Diocesi sono sei; la più importante in quanto Archidiocesi metropolita è quella di Potenza, che è riunita con le Diocesi di Muro Lucano e di Marsico Nuovo sue suffraganee. Le altre cinque sono; Melfi, che racchiude anche le Diocesi di Rapolla e quella di Venosa. La terza è la Diocesi di Acerenza. La quarta è la Diocesi di Matera-Irsina. La quinta è quella di Tricarico e la sesta è quella di Tursi a cui è accorpata la Diocesi di Lagonegro.

Potenza baluardo in Lucania-Basilicata della Chiesa romana contro la Chiesa d’Oriente

C’è da dire un’altra cosa molto importante sulla rilevanza storica nel contesto lucano-basilicatese della antichissima Diocesi di Potenza.”Nello scenario delle chiese meridionali di rito greco e di rito latino è certo (…) che Potenza è stata sempre fedele a Roma e al rito latino. Nell’acuirsi del contrasto tra la chiesa greca e la chiesa latina, Potenza, infatti, venendosi a trovare la sua circoscrizione tra il territorio facente parte del Principato di Salerno ed i paesi pugliesi, assume la funzione di punta avanzata della Chiesa latina verso i domini bizantini” (Carlo Palestina). Questa è una questione poco nota, ma della massima importanza. Un ruolo anch’esso totalmente sconosciuto oggi, quello di Potenza come bastione e difensore durante i secoli dell’Alto Medioevo, dal 700 all’anno Mille, della Chiesa occidentale e romana in una regione dove avevano prevalso a lungo i bizantini (e quindi la Chiesa di rito greco ed orientale) e finanche i saraceni, che avevano conquistato non poche località lucane. Ma lo storico potentino Tommaso Pedìo ne aveva già parlato descrivendo Potenza come una “Città illustre perché vantava antiche glorie come municipio romano e perché aveva attivamente partecipato alle lotte politiche e religiose tra l’VIII e il X secolo ed aveva, per un certo tempo, rappresentato il baluardo della chiesa romana contro l’invadenza di quella greca in Italia meridionale”.

 

 

PINO A. QUARTANA

 

Nella foto; (a destra), una effige di Papa Gelasio I (492-496); a sinistra; il Vescovado di Potenza, sede della antichissima Diocesi potentina.

 

 

 

 

 

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