IL GUSTO CROCCANTE DELLA CUCINA POTENTINA

“Cos’è?”, chiede il turista titubante. “E’ un peperone crusco”, risponde il ristoratore o il venditore di prodotti tipici.“Favoloso, incredibile. Mai provata una cosa simile in vita mia!” è la risposta meravigliata ed estasiata dopo il primo assaggio. Ma cosa sono i peperoni cruschi? I “paparuol crushc”, sono peperoni rossi dolci, dalla forma allungata e stretta, che vengono essiccati al sole in lunghissime e suggestive collane, le famose ‘nserte, grazie ad un filo di cotone che li unisce dal picciolo. Con questo procedimento i peperoni perdono l’acqua che contengono e diventano “cruschi”, cioè “croccanti”.  Sono caratterizzati da una polpa molto sottile, un sapore dolce e un tipico colore rosso vinaccia. In relazione alla forma, possono essere di tre tipi: a uncino, a tronco o appuntito. La principale area di produzione è quella situata ai piedi del Parco Nazionale del Pollino comprendente i comuni di Senise, Francavilla Sul Sinni, Chiaromonte, Valsinni, Colobraro, Tursi, Noepoli, S. Giorgio Lucano, Sant’Arcangelo, Roccanova, Montalbano Jonico e Craco.  Ma ormai tutti, anche noi potentini, ogni anno, puntualmente, nelle nostre case – nei mesi di agosto e settembre – agghindiamo e coloriamo i nostri balconi e terrazzi facendo essiccare i nostri “cruschi” per avere la scorta durante tutto l’anno e consumarli quando più ci aggrada. Si tratta di un prodotto genuino che ormai dal 1996, ha ottenuto dalla Comunità Europea anche il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta). In cucina i cruschi sono protagonisti di molti piatti tipici della tradizione lucana e potentina: freschi, secchi o in polvere, garantiscono una spiccata personalità ad ogni preparazione. Il miglior modo per mangiarli è sicuramente fritti in olio extravergine d’oliva: un leggero e breve “bagno” nell’olio bollente per renderli ancora più croccanti e saporiti. Bisogna stare attenti alla frittura: un secondo di troppo può bruciare questi delicatissimi peperoni. Per questa ragione qualche “genio” ha inventato una versione snack (tipo patatine San Carlo), da mangiare tal quale, anche direttamente dalla busta, presente in commercio e reperibile ormai sia in Italia che all’estero. Si percepisce subito se i turisti che si imbattono nei cruschi vengono per la prima volta a Potenza perché, entrando nel negozio o in uno qualsiasi dei tantissimi ristoranti e locali della città dove è stato prenotato il pranzo o la cena a base di prodotti tipici, guardandosi attorno, l’occhio cade subito sulla forma inconsueta dei peperoni e chiedendo cosa siano … da lì inizia un meraviglioso “viaggio” alla scoperta dei sapori della cucina potentina, dove gli operatori del settore, vestendosi da “guide turistiche dei sensi”, fieramente ed appassionatamente raccontano e descrivono minuziosamente le peculiarità, le ricette e le curiosità legate ai nostri piatti e prodotti. Accanto ad ogni piatto c’è una storia che viene raccontata. E’ come se fosse obbligatorio che il piatto avesse un’origine e soprattutto un perché. E questo ai turisti piace molto! E’ una sorta di viaggio nel viaggio! L’enogastronomia è forse l’unico settore che permette di “allungare” l’esperienza oltre la visita reale. Il viaggio, infatti, può continuare tranquillamente una volta rientrati nel luogo di residenza, attraverso l’acquisto dei prodotti particolarmente graditi sul territorio, la loro preparazione o frequentando appositi ristoranti. Il ricordo dei sapori, delle fragranze, dei piaceri e delle emozioni vissute costituisce la ragione per prolungare l’esperienza fatta. Enogastronomia e turismo possono essere considerate, a giusto titolo, due forme di ritualità. Spesso, i negozianti aprono un  vasetto di peperoni già fritti mentre nei nostri ristoranti cittadini è proprio “l’oro rosso” l’elemento tipico più consigliato ed è divertente vedere l’espressione del volto dei turisti trasformarsi e passare dalla diffidenza più totale di chi si appresta ad assaggiare per la prima volta qualcosa di sconosciuto … alla sorpresa, accompagnata da un gran sorriso, per l’esplosione di gusto che, scrocchiando in bocca, provoca il peperone! Maschio, adulto, diplomato, spesso anche laureato, sposato e padre con un lavoro indipendente. E’ questo l’identikit del turista che, in genere, “pratica” il turismo enogastronomico. Gli uomini prevalgono in percentuale sulle donne ma con un’esperienza di viaggio che è molte volte vissuta in coppia. La gran parte dei turisti enogastronomici si trova compresa tra i 30 e i 50 anni. E’ oggettivo che il wine & food sia uno dei motivi per cui i turisti si mettono in viaggio: al primo posto c’è l’ambiente (23%), seguito da arte e cultura (19%), sagre ed eventi (19%), segue poi l’enogastronomia (17%) e il vino (13%). Percentuali importanti, che possono migliorare in futuro con una buona politica di sviluppo territoriale. Intanto, oggi dobbiamo ringraziare i tanti ristoratori e commercianti, che con il loro quotidiano lavoro, tengono alta la bandiera del made in Italy. La stima del totale è intorno ai 3,7 milioni di italiani e di 1 milione di stranieri. Questa forma di turismo è cresciuta negli anni, talvolta specializzandosi, raggiungendo ad esempio nel solo settore del vino, più di 2,6 milioni di italiani che si definiscono “enoturisti”. E noi, in Basilicata, grazie ai pregiatissimi ed apprezzatissimi vini iniziamo a rientrare anche in questo circuito. L’enogastronomia potentina riscuote grande successo, vuoi per la semplicità e genuinità dei piatti, vuoi anche per ciò che il cibo racconta riguardo alla cultura lucana. Molto dicono di noi i saperi che si accostano ai sapori. Il più bel complimento che di solito i turisti fanno ai nostri ristoratori è che la nostra cucina rispecchia e rappresenta tradizione, stagionalità dei prodotti e sapori di un tempo, oramai perduti. Il turismo enogastronomico propone dunque un’altra possibile lettura, coniugando l’esperienza straordinaria del fare turismo a un desiderio di ritorno alla terra (e ai suoi prodotti, locali, tipici, autentici). Si uniscono così la dimensione dello svago con la ricerca di una radice antica e vera, accompagnata dalla spensieratezza e dalla genuinità. Che si parli di trattorie o di ristoranti, il filo conduttore dell’enogastronomia deve essere legato al buon cibo ed al buon vino nonché alla qualità che è sempre garantita dall’uso di buoni prodotti e dal rispetto della produzione delle materie prime. Insomma, il mondo dei ristoranti rappresenta una realtà fondamentale per il turismo italiano. Una realtà da curare e da far crescere, che attira in particolare i flussi dall’estero, ma che conta molto anche nelle scelte turistiche degli italiani proprio per il ruolo cruciale che l’enogastronomia rappresenta. Ciò detto, l’enogastronomia, essendo l’elemento culturale cardine di una popolazione locale, il cui valore passa trasversalmente tra le motivazioni, le soddisfazioni e le valutazioni del turista, rappresenta uno dei fattori attrattori di una destinazione al pari di un monumento famoso o di un’oasi protetta. L’aggettivo “tipico”, oltre ad essere fortemente legato al concetto di territorialità, provoca un forte coinvolgimento emotivo. Da fattore di sopravvivenza il cibo è diventato, negli anni, mezzo di comunicazione culturale di un territorio, forte impulso per i flussi turistici. I turisti dell’enogastronomia innanzitutto si muovono in funzione del cibo, poi sono attratti dal paesaggio, dall’ambiente, dalla storia, dalla cultura e dall’arte; conoscere la storia, la tradizione, la provenienza, i luoghi di produzione, le persone e come si celano dietro ad un vino, ad un formaggio, a un salume, diventa elemento imprescindibile del viaggio enogastronomico.  Facendo un sondaggio tra i vari ristoranti di Potenza che forniscono piatti tipici della tradizione locale, tra quelli più richiesti sicuramente bisogna menzionare gli strascinati alla sarmentana (aglio, olio e polvere di peperoni cruschi), i ferretti fatti a mano con la mollica di pane saltata nella polvere dei peperoni cruschi, i cavatelli fatti in casa con i legumi, l’acquasale (pane raffermo con cipolla e uova in camicia e spezie), le orecchiette alla potentina cu lu ‘ndruppc (pasta fatta in casa condita con ragù di carne mista), il baccalà a ciauredda (zuppa di baccalà con olive, cipolle e pomodori) o il baccalà lesso con i peperoni cruschi. E poi, cosa dire dei famosi spiedini lucani (cruschi, caciocavallo, taralli, salsiccia e olive) o del panino caciocavallo e cruschi? Ma che dire poi del panino col brand ‘cuscio’ fatto con peperoni cruschi e baccalà, il nuovo panino che un gruppo di ragazzi di Potenza sta lanciando in tutta Italia? Dall’8 all’11 ottobre 2015 si è svolto alla Garbatella – storico quartiere della Capitale – l’evento Cucine di Strada per le vie di Roma. Il team potentino di ‘Effess’ (tipica esclamazione potentina che sta per esprimere meraviglia, una sorta di ‘caspita!’ o ‘accidenti!), composto da alcuni ragazzi di Potenza, ha presentato un panino molto particolare con peperone crusco igp di Senise e tocchetti di baccalà. Il panino denominato “il cuscio” ha destato la curiosità dei visitatori della manifestazione. Si tratta di una nuova invenzione della già ricca e prestigiosa cucina potentina che tenta di spiccare il volo nel segmento di mercato nazionale del fast food. E vogliamo parlare ancora dei secondi di carne di maiale o di podolica? E dei latticini freschi (mozzarelle, trecce, scamorze, ricotte) magari accompagnati da frutta secca e miele? E poi … volete mettere il pane di Potenza? Cose che solo qui si possono trovare e apprezzare! Tutte queste bontà, oltre ad avere un forte impatto visivo, riscontrano anche un fortissimo impatto gustativo e olfattivo ricevendo complimenti anche dai turisti più esigenti o provenienti da zone, ad esempio dalla Toscana o dall’Emilia Romagna, dove il turismo enogastronomico fa scuola! Dunque, due sono le alternative: o venite a Potenza ed anche nel resto della regione per visitare luoghi meravigliosi e per provare queste prelibatezze o, se proprio non potete, procuratevi gli ingredienti e cimentatevi a casa!

KATIA LACERRA

 

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