UNA GRANDE TRADIZIONE GASTRONOMICA ITALIANA: LA CUCINA POTENTINA

In ricordo di mio padre, Umberto Quartana e del suo grande contributo alla fama della cucina potentina diffusasi da Potenza in tutta Italia ed oltre.

 

La cucina è uno dei più grandi motivi di attrazione turistici, uno dei grandi attrattori turistici, soprattutto in un Paese, l’Italia, giustamente considerato in tutto il mondo come quello con la più rinomata e conosciuta (ed anche apprezzata) cucina. Ma la  cucina è anche uno dei simboli non solo dell’Italia, ma di ognuna delle cento città italiane. Uno dei simboli identitari di maggiore riconoscibilità e richiamo. Insomma, la cucina occupa un posto di grande rilevanza specialmente in una nazione come quella italiana; motivo di orgoglio cittadino, simbolo identitario, attrattore turistico, ma anche, last but not least elemento culturale in sé ovviamente all’interno di un concetto di cultura abbastanza vasto e che rimanda ad una accezione allargata di cultura materiale, ad un concetto etnoantropologico di cultura. Questa visione, anche culturale, della cucina le deriva da un elemento in genere poco considerato. Cosa è esattamente la cucina? Cosa è esattamente una cucina locale? Nello specifico, cos’è la cucina che si fa a Potenza? Perché parliamo in questa sede di cucina potentina e non di cucina lucana? Comincio dalla prima questione. La cucina consiste in  una serie di conoscenze sui processi di trasformazione della materia alimentare in qualcosa che non è più semplicemente quella materia specifica, quel prodotto specifico. Al pari di ogni altro processo di trasformazione della materia in qualcosa di più che la materia stessa (in questo i processi della cucina non si differenziano affatto da quelli della produzione in qualsiasi altro campo della produzione di beni e servizi destinati alla fruizione collettiva), la cucina produce conoscenza. Si basa su una serie di tecniche che richiedono ricerca ed approfondimento e, quindi, apprendimento costante; in altre parole, cultura nel senso generale del concetto. Traducendo la questione nei termini cibernetici della contemporaneità, la cucina intesa come insieme di tecniche di trasformazione sta ai prodotti alimentari come il software sta all’hardware.  Le due cose non coincidono necessariamente, anzi, hanno una loro autonomia. Il brand del prodotto è una cosa, il brand della cucina un altro. Il prodotto è l’hardware, mentre la cucina, dove prevale l’elemento immateriale e culturale della conoscenza sui processi di trasformazione del prodotto alimentare, è tutt’altra cosa, è software. Ho usato, per l’appunto, la parola ‘prevale’. Ciò sta a significare che anche nella ‘produzione’ alimentare sono coinvolte conoscenze (sulla semina, sulla raccolta ecc. ecc.) e, quindi, c’è. Per così dire, cultura riguardo le colture e riguardo i  processi delle colture. Ma, a differenza dei prodotti, che hanno una relativa percentuale di software, la cucina è di gran lunga una questione di software. Ecco perché dico che prevale. Detto ciò, passo alla questione successiva. In quanto la cucina, intesa anche come software, è più legata alla immaterialità delle conoscenze piuttosto che alla materialità dei prodotti, il brand delle diverse cucine nazionali, regionali e cittadine è di gran lunga prevalente sul brand dei singoli prodotti. Breve premessa. L’Italia è un Paese senza grandi risorse di materie prime. Nonostante ciò, l’Italia è arrivata ad essere la quinta potenza industriale del Pianeta, mentre estesi Paesi pieni di materie prime hanno, invece, conosciuto sempre fame e miseria o sottosviluppo. Perché questo strano paradosso? Non tanto strano, in fondo. Le materie prime (ad esempio, zolfo, petrolio, zinco) non sono quasi nulla se non inserite in processi di trasformazione industriale. Per questo si parla di potenza industriale italiana (ormai abbastanza in declino ma per ben altri motivi) e non di potenza industriale congolese. Nella cucina accade esattamente la stessa cosa. E con ciò vengo alla questione del perché parliamo di cucina potentina e non genericamente di cucina lucana o basilicatese. Questo, a ben vedere, è un paradosso ancor più clamoroso del precedente a proposito della potenza industriale italiana. Della regione Lucania (o Basilicata) sono noti molti prodotti alimentari; il pecorino di Moliterno, i peperoni di Senise, i vini del Vulture, i fagioli di Sarconi e così via. Di Potenza non è noto alcun prodotto. In effetti, non potrebbe essere diversamente. Il vino che si produceva nelle campagne di Potenza, la sottapera, era un vinello acidulo ed acquoso. Non si conosce un solo prodotto alimentare rinomato che venga da Potenza. Eppure, e vengo all’incredibile paradosso, è proprio dalla città dei servizi, della agricoltura scarsa o insignificante e della politica regionale e dei servizi della P.A., è proprio da Potenza, in passato anche città moderatamente industriale, che viene il brand culinario per eccellenza della regione. In altre parole, sto affermando che, pur in assenza di prodotti alimentari potentini (in assenza cioè dell’hardware), non solo esiste una cucina potentina che ha dei caratteri specifici all’interno della generica cucina lucana, o basilicatese o all’interno delle cucine lucane, ma è la cucina lucana più famosa ed affermata in Italia. Adesso, sono ben cosciente che molti lettori avranno uno scuotimento di sorpresa, così come sono ben cosciente anche del fatto che molti tra i circa cento ristoratori potentini non immaginano nemmeno quanto sto per dire, ma è venuto il momento di dirlo senza più sotterfugi o timidezze:  la cucina potentina è anche una delle grandi cucine italiane, una delle maggiori cucine meridionali. La cucina potentina si sta affermando sempre più, forse alla chetichella, al punto tale che nemmeno molti potentini si sono finora accorti della grande considerazione di cui gode da qualche lustro o da qualche decennio nell’ambito meridionale e nell’ambito nazionale, ma anche oltre i confini nazionali. La cucina potentina è uno dei simboli di Potenza, una delle non poche attrazioni di Potenza. Forse, questa cosa , come spesso accade per altre cose, la conoscono più fuori Potenza che non in città. Ce ne possiamo accorgere, del resto, anche navigando su Internet. Ce ne accorgiamo dal numero incredibile di link web legati alla cucina potentina ed alle sue ricette, ai suoi piatti tipici, al suo brand. Ormai, sempre a giudicare da quanto si trova oggi sul web, il marchio ‘cucina potentina’ o ‘alla potentina’, di cui, incredibilmente, ancora pochi locali a Potenza hanno preso coscienza, sta prevalendo su quello generico di cucina lucana. Come dicevo poc’anzi, il fatto incredibile non è solo questo, ma che proprio i potentini non si siano accorti finora di essere figli di una città che ha una cucina rinomata e sempre più famosa in Italia ed anche fuori d’Italia. Generalmente, i potentini sanno che a Potenza si mangia bene e che ci sono moltissimi locali, un numero ormai stratosferico. Le conoscenze del potentino o del lucano medio finiscono qui. Il resto lo ignorano; almeno finora lo hanno ignorato. Conducendo da qualche tempo delle approfondite ricerche sul web circa la cucina potentina e lucana mi sono accorto che pubblicazioni o articoli che parlano in termini più moderni ed aggiornati della cucina della nostra città semplicemente non esistono. Ed invece, all’insaputa degli stessi potentini, abbiamo in città una grande cucina, una cucina emergente a livello nazionale, un brand culinario che, a dispetto dell’ignavia e dell’insipienza locale, si espande sempre più. Se facessimo conoscere queste cose, il che presuppone che queste cose prima le debbano conoscere i potentini (cosa che non accade ancora),  basterebbe la bontà e la fama della cucina potentina per attrarre tanti turisti italiani e stranieri. A Potenza si dovrebbe venire due giorni per turismo già solo per assaggiare la ricca varietà di piatti tipici potentini. Si dovrebbe venire almeno due giorni solo per la cucina, anche se non ci fossero altre attrazioni turistiche e storico-artistico-culturali (che, invece, ci sono, ma sono coperte, anche qui, dalla ignavia o dall’ignoranza). Prevedo facilmente e in anticipo la meraviglia che questo scritto susciterà proprio nei potentini, ma il marchio culinario potentino si sta espandendo per forza propria, anche senza la promozione degli enti locali o dei suoi cittadini; basta vedere il numero insospettabile di siti in tante lingue che riportano i nostri piatti cittadini col marchio ‘alla potentina’. Siti dove si magnificano i nostri piatti cittadini, la nostra grande tradizione culinaria, siti che lodano incantati gli strascinati alla potentina, le orecchiette alla potentina, i ravioli alla potentina, la focaccia detta  u’ rucc’l’, la ciambotta, il baccalà alla potentina e quello ‘a ciauredda’, il pollo alla potentina ed altri piatti tutti accompagnati dal sempre più noto brand ‘alla potentina’. E, poi, c’è l’asso da novanta della cucina potentina; il ragù alla potentina altrimenti detto ‘ndruppch’. Quanti potentini, quanti lucani, quanti meridionali, quanti italiani oggi sanno che il ragù viene considerato in tutto il mondo come una delle eccellenze della cucina italiana? E quanti sanno che le accademie gastronomiche italiane ed internazionali considerano in Italia solo tre ragù come tipici dell’Italia, il notissimo bolognese, l’altrettanto noto ragù napoletano col suo grande testimonial Eduardo De Filippo e, poi, proprio il nostro ragù; il ragù alla potentina o ragù potentino. Bologna, Napoli e Potenza sono ormai sempre più considerate, negli ambienti che dettano le regole della cucina italiana, le tre città italiane del ragù. A Milano c’è un locale dove il pollo alla potentina è tra i piatti fissi del menu. A Berlino ci sono una ventina di trattorie lucane e di questa ventina quasi la metà sono locali specifici di cucina potentina. Le ricette della cucina potentina cominciano ad essere diffuse via web o attraverso i nuovi mezzi di comunicazione anche nella America Latina e negli USA. La pasta di casa con il ragù alla potentina è il piatto inserito nei venti piatti tipici delle cucine regionali italiane. Il portale italiano di ricette ‘Buonissimo’ scrive che “le orecchiette alla potentina, pur essendo una preparazione della Basilicata, sono ormai note in tutta la nazione …”. Ma da dove è nato e quando è nato tutto ciò? Bisogna risalire a ritroso negli anni. Non solo di cinquanta o sessant’anni, ma anche di più. La storia della cucina potentina comincia molto prima di quanto comunemente si pensi. Ne parlava già dettagliatamente e specificamente il Riviello nelle “Costumanze, vita e pregiudizi del popolo potentino”. A proposito del primo piatto potentino più noto, il simbolo potentino della pasta così come a Bologna le tagliatelle, sto parlando degli strascinati, Riviello scriveva:

“Minestra maritata e strascinari erano i piatti caratteristici del Natale. Dicevasi maritata, con fellicissima metafora, perchè composta di scarole, vezze, finocchi, acci e cardoni, facendosi ducumare (cuocere bene) nel brodo di gallina e di salami saporitissimi, mischiandovi anche formaggio grattugiato e a pezzettini. Li strascinari erano pasta casareccia, detti così, perchè strisciati a forza di dita sulla cavaruola (tavoletta incisa a disegni). Scolandosi cotti, dal caldaio, si mettevano a strati nel piatto, conciandoli copiosamente (condendoli) di formaggio o brodo di capone, da farne il cibo più squisito delle nostre usanze: sicchè ogni strascinaro era un boccone prelibato, e ne bastavano una trentina a saziare il gusto e l’appetito per ricordare lietamente il Natale”.

Tutti i piatti potentini che ora l’Italia comincia a scoprire e ad apprezzare erano già conosciuti nel 1800 all’epoca in cui Riviello ambienta la sua cronaca:

“Di fatti oltre i famosi strascinari, di rinomanza tutta potentina, li maccaroni a ferrett’ e la sagna, di cui si è detto innanzi, ogni buona massaia sapeva fare li laane (specie di tagliatini); li ricchitell’ o recchi di prèvire (orecchie di prete), premendo e strisciando la punta di un coltello su pezzettino di pasta, da dare loro la forma di un’orecchia; li tagliulini, o tagliatini pel lesso; e li raviuoli, la più ghiotta tra le paste, ripieni di ricotta a guisa di pasticcini, e ben conditi di brodo e di formaggio”.

E già esisteva, grazie alla grande capacità e alla grande passione culinaria delle massaie potentine del 1800, anche il baccalà a ‘ciauredda’:

“Spesso la famigliuola aveva un solo piatto, come baccalà a ciaviredda, cioè a zuppa per bagnarvi il pane, una fritta di puparuli (peperoni), oppure una semplice saraca (salacca). Nè era strano di magnà all’asciutt’; o di arranciarsi, nella buona stagione, a mangiare pane e cipolla o altra coserella, ammuddar’ a lu sale (ammollita, intinta nel sale), o fatta ad insalata con l’aceto”.

E, per finire all’ormai famoso ragù alla potentina, da quanto riportato poco prima si potrebbe avere l’impressione che gli strascinati fossero cucinati in un modo ben diverso da oggi cioè col solo brodo di pollo o di cappone. E, invece, no. In un altro passaggio, il Riviello riporta quest’altra preziosa (alla luce di quanto sta accadendo negli ultimi tempi) informazione sull’uso e sulla specificità del ragù a Potenza o di Potenza:

“Anche la pasta casereccia per lo più si condiva col brodo di carne fresca di maiale, o con quello di salciccia secca, fatta a ragù”.

Quindi, già nel 1800 c’era a Potenza la tradizione del ragù. Le cose importanti non nascono da un giorno all’altro e non nascono a caso. Che una grande tradizione culinaria come quella della città di Potenza non nasca a caso o da un giorno all’altro lo conferma anche un altro dato, molto interessante. Nel 1866 erano attive a Potenza già settantacinque osterie, trentasei trattorie nonché duecentoquarantatre esercizi di mescita di vino sfuso ( fonte; http://www.lucaniasalerno.it/potenza/ ) . La trattoria più antica è stata quella di Trim’niedd, che, per i potentini veraci, era sinonimo di trippa. Un’altra trattoria famosa nella Potenza di tanti anni fa era quella detta dell’Acerenzese dove si gustavano altri piatti forti della tradizione gastronomica della città come il baccalà a ciauredda, zucchine alla scapece, le marruche al sugo (lumache). La clientela non aveva praticamente nulla a che fare con quella odierna; si trattava di povera gente, di popolani. Poi, per molti anni, per quello che abbiamo potuto ricostruire, la cucina a Potenza non è stata sempre tipica. Il risveglio della cucina potentina si ha solo con la fine degli anni ’50 e con gli inizi degli anni ’60 del 1900. A Potenza in quegli anni c’è anche un risveglio della vita culturale. Poeti ed uomini di cultura di primo piano spesso arrivano a Potenza invitati dalla libreria di Vito Riviello e finiscono col gustare i piatti tipici della cucina potentina nelle trattorie di quegli anni. Così la fama della cucina potentina comincia ad espandersi. Le trattorie di quel periodo sono entrate nell’epopea della vecchia Potenza; Tr’m’niedd, Peppe (Peppe Riviezzi che aveva la trattoria dietro la Chiesa di San Michele) ed altri pionieri. La grande svolta della cucina potentina ed anche della ristorazione si ha, però, nei primi anni ’60 del secolo scorso. A Potenza la famiglia Somma apre “La Taverna Oraziana” e poco dopo Umberto Quartana, che aveva già avuto un ruolo di primo piano nel lancio della “Taverna Oraziana”, decide di cimentarsi in proprio con un locale tutto suo. Nasce quasi alla metà degli anni ’60 il Ristorante “Fuori le Mura”, che, pur non rinunciando alla cucina italiana ed International style (ad esempio con la zuppa inglese e con le tagliatelle paglia e fieno), punta decisamente sulla valorizzazione della tipica cucina potentina con strascinati al ragù potentino, ferretti e orecchiette, baccalà, peperoni cruschi, agnello alla potentina e così via in una vera e propria apoteosi culinaria del ‘potentino è bello’. Grande successo dal quale prendono poi coraggio tanti altri imprenditori della ristorazione cittadina e sarà quindi il turno di locali come ‘Zi Ming’, ‘La Tettoia’, ‘Da Angelo’ e di tanti altri che non mi vengono più in mente tanti sono stati e tanti sono i locali attuali. Un numero sterminato di cui il sottoscritto non riesce a tenere il conto. Saranno un centinaio addirittura. Non saprei dirne oggi il numero esatto anche perché in questa sede più che parlare dei ristoranti e delle trattorie ho inteso parlare della ‘cucina potentina’. Un brand a cui sta contribuendo anche il comparto dei cuochi. Da anni esiste una forte e valida associazione dei cuochi potentini. Per riprendere un concetto già espresso, torno a dire che anche in campo gastronomico e culinario ‘Natura non facit  saltus’ e cioè che una grande tradizione culinaria come la cucina potentina né si improvvisa né si espande per puro caso. A dimostrazione ulteriore che si tratta di una fama solida e che viene da lontano, la cucina potentina può vantare un altro fiore all’occhiello. Dal 2015 il nuovo Presidente nazionale dei cuochi italiani, una componente di grande importanza nel ‘made in Italy’ gastronomico-culinario (sono circa 18.000 i cuochi professionisti italiani), è un potentino. Si chiama Rocco Pezzulo ed insegna all’Istituto Alberghiero di Potenza. E con questo, per dirla alla Totò, ho detto tutto.

PINO A. QUARTANA

 

 

Link di documentazione

http://www.lifegate.it/app/uploads/Ricettario-Cucina-la-salute-con-gusto.pdf

BOLOGNA, NAPOLI E POTENZA, LE TRE CITTA’ ITALIANE DEL RAGU’

http://www.foodinitaly.com/news/BOLOGNA_SFIDA_NAPOLI_E_POTENZA_A_COLPI_DI…_RAGU-4777.html

http://www.alice.tv/ricette/ragu-bolognese-ricetta/

http://www.flux-info.fr/blog/rssall-3205213-Ragu-alla-Potentina—Le-blog-de-Adriano-Greco.html

http://www.intelligonews.it/articoli/3-ottobre-2015/31256/il-vero-ragu-alla-bolognese-domani-bisogna-fare-la-lasagna!

http://www.italienpasta.com/RAGU%20POTENTINA.php

 

ORECCHIETTE ALLA POTENTINA

http://www.buonissimo.org/lericette/2752_Orecchiette_alla_potentina

 

POLLO ALLA POTENTINA

http://www.accademiaitalianacucina.it/en/content/pollo-alla-potentina

 

RAVIOLI ALLA POTENTINA

http://blog.giallozafferano.it/sognandoincucina/ravioli-alla-potentina-ricetta-lucana/

http://coopinforma.it/ricette/primi/carne/ravioli-con-la-ricotta-alla-potentina

 

BACCALA ALLA POTENTINA (BACCALA’ A CIAUREDDA)

http://www.gamberorosso.it/en/component/k2/182912-baccal%C3%A0-alla-potentina

 

STRASCINATI CON RAGU’ ALLA POTENTINA

http://www.adessocucina.com/ricette/rag-alla-potentina-240/

http://www.delicious.com.au/recipes/ragu-alla-potentina-pork-ragu-bucatini/f45dbb8a-e0bd-4f59-95c0-046b562c01a7

http://sostandoincucina.myblog.it/tag/pasta-di-casa-con-ragu-alla-potentina

LA CUCINA POTENTINA IN ITALIA E ALL’ESTERO (dove si mangiano piatti potentini)

https://www.tripadvisor.com/LocationPhotoDirectLink-g187849-d7899089-i132237515-Parsifal_Bar_con_Cucina-Milan_Lombardy.html

 

 

 

 

 

 

 

 

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