POTENZA E LA SUA VECCHIA BORGHESIA CHE HA ABDICATO AL SUO RUOLO

La borghesia Potentina ha un solo difetto. Che non esiste.
Questa affermazione, al forestiero, lascerebbe supporre che si tratti di una città plebea, dove i ritmi e i gusti sono dettati ogni giorno dal vissuto dei ceti poveri.

E invece no, perché Potenza non manca propriamente di ceto borghese, ma, piuttosto, manca di una borghesia sua propria. Mi spiego. Boom demografico degli anni ’50: Potenza passa da 30.000 a 60.000 abitanti in pochissimi anni; in questa situazione è normale che non puoi programmare niente. Né l’urbanistica, né la politica. E infatti succede proprio questo, ed è il caos.

Le famiglie borghesi potentine affrontano i nuovi tempi con una scaltrezza tanto svelta quanto inadeguata, dedicandosi all’unico settore che convince la loro diffidente cervice montanara: la speculazione immobiliare. Si vendono tutti i terreni, determinano le lottizzazioni comunali con un’astuta attività di “lobbying”, riempiono la cassa di famiglia, in pochi anni, di un successo tanto grande quanto volatile.

Ma non fondano fabbriche, non creano ricchezza, non convertono il loro ruolo di notabili in quello di imprenditori, come fa negli stessi anni la vecchia borghesia lombarda. Restano notabili, percettori di rendita senza soluzione di continuità, e mentre Potenza diventa un moderno centro amministrativo, loro si limitano a percepire assegni periodici, aprendo involontariamente la strada a una nuova classe dirigente, ancora più svelta di loro.

E già, perché alla vecchia borghesia cittadina si sostituisce, negli anni seguenti, una nuova classe industriosa e vitale; quella che il dopoguerra, il boom, ha portato in città: migliaia di persone, per la maggior parte povera gente, migliaia di Lucani in cerca di casa e lavoro.

E i rapporti di forza cambiano completamente. Alla vecchia borghesia potentina, troppo impegnata nella lucrosa gestione delle sue rendite per accorgersene, si sostituisce nel giro di due decenni una classe media completamente diversa, una classe dominante capace e attiva nei commerci e nelle professioni, che si naturalizza, occupa gli spazi lasciati vuoti, e porta con sé una drammatica caratteristica: è completamente estranea alla città che abita.

Una schiatta di “signori” sparisce dalla storia della città, e una nuova classe ne prende il posto. Una classe che non ha memoria e non vuole averne, perché il paese che ha lasciato è ancora troppo vicino da sentirsene orfano: il nuovo borghese si sente Aviglianese, Picernese, Materano. Tutto fuorchè Potentino. Potenza non è la sua città, è la sua sede legale.

E così, il posto culturale che la borghesia dovrebbe occupare in un cruciale centro politico come Potenza, si trova sempre, nei decenni a seguire, puntualmente vacante.

E’ vacante nella creazione di un’identità politica regionale, che, in mancanza di progetti autorevoli, rimane sempre definita dai giochi delle satrapie territoriali.

Lo è nella gestione del dopo terremoto, nel quale una politica senza cultura si fa dettare le condizioni dall’economia, mentre avrebbe potuto (dovuto?) essere il contrario.

Lo è nella trasmissione della memoria, negligente e lacunosa, che inocula ai giovani un acido snobismo nei confronti di tutta la vita culturale cittadina.

Lo è persino nella progettazione di un polo universitario, pensato più per sistemare i padri che per allevare i figli della classe dirigente lucana.

La situazione attuale è la perfetta conseguenza di quei presupposti: una classe egemone e aliena amministra in perenne ritardo una città che non ama e della quale non si sente debitore di nulla; due dissesti in venti anni e il patologico abbandono di tutto ciò che fa l’identità di una comunità (periferie, contrade, storia dei rioni, associazionismo, intellettuali) ci parlano di un capoluogo dove tutto è vivo (o ci prova), fuorché i suoi governanti, chiusi in un’annoiata e sterile corte bizantina.

Sicché si può dire che, dagli anni ’70 sono ad oggi, Potenza ha una borghesia, una classe dirigente strutturata, ma è come se non ce l’avesse più.

Ce l’ha, perché la classe media di Potenza costituisce ancora la sua spina dorsale economica e politica. Ma è come se non ce l’avesse più, perché quella che c’è vive il suo ruolo alla giornata, senza memoria, senza visioni, nel più prosaico dei sonni. Tutto rimanda, niente affronta, tutto ciò che la impegna è una continua emergenza, fino a oggi.

E il cantore della sua perpetua crisi d’identità diventa Vito Fiorellini, un arcadico rifugio di cui s’inebriano, giustamente, molti Potentini.

Eppure, non sarebbe da considerare folle chi affermi che, forse, la situazione si va risolvendo da sé, in un inatteso lieto fine.

Oggi i ragazzi di Potenza, per ovviare all’assenza di trasmissione orale, si procurano in rete Riviello e Triani, s’inventano la tradizione dal quasi niente, se ne caricano il peso sulla spalla, cantando Michele di Potenza. Si sforzano persino di parlare il Potentino verace, sfrondando quello usuale dagli accenti non suoi. Dimenticano da dove sono venuti e si ritrovano tutti, finalmente, Potentini. Un fenomeno confortante, per chi ama la città.
Ancora più confortante,  poi, è il fatto che quella nuova generazione sia piena di figli, ironia della sorte, proprio dell’attuale borghesia potentina.

La domanda è legittima: da questa inattesa situazione può fiorire nei prossimi anni una borghesia nuova, finalmente motivata a ricoprire il suo naturale ruolo di custode, e di presidio, degli equilibri cittadini dalla iattura del disinteresse e della sfiducia collettiva? Una classe animata dal sacro fuoco dell’orgoglio comunitario, finalmente in grado di partorire soluzioni, orizzonti e futuro? Una classe in grado di guadagnare alla città di Potenza un ruolo finalmente di capoluogo, che da almeno trent’anni è più formale che sostanziale? Lo speriamo tutti.

Sarà necessario, però, che qualcuno lo tenga bene a mente, cosa è successo negli anni passati, e soprattutto “perché” è successo. Chi ha sbagliato e quali errori non bisogna ripetere. Qualcuno: cioè la stessa borghesia cittadina.

PIO BELMONTE

1 thought on “POTENZA E LA SUA VECCHIA BORGHESIA CHE HA ABDICATO AL SUO RUOLO”

  1. …sembra anche il ritratto dell’Italia….in ogni caso avete anche un altro “VITO”….un campione indiscusso. …A volte, certi periodi, possono ripartire anche da “veri personaggi” capaci di dare nuovi stimoli a cittadini stanchi e demotivati……

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